Editoriali
FARSI PAGARE PER FARSI RISPETTARE
La felicità non ha prezzo, dicono i saggi, eppure non costa nulla. Ma se usciamo dal campo dei sentimenti e degli affetti, e dalla dimensione spirituale scendiamo a quella materiale, ci rendiamo conto che tutto ha un costo, e di conseguenza anche un prezzo.
Questo processo logico ci porta a pensare che più il prezzo è elevato, più siamo portati ad associarlo ad un valore effettivo, reale e tangibile.
Ciò che davvero fa la differenza non è, purtroppo, il valore reale, ma quello che gli attribuiamo, in base alle nostre categorie mentali ed alle convenzioni comunemente accettate. Un diamante è prezioso perché tutti sanno che è caro, ma anche perché chi detiene il monopolio mantiene il giusto equilibrio fra la domanda e l’offerta.
Dove invece vige il regime di libera concorrenza, e si parla di beni o servizi, il prezzo è determinato da due fattori, fra loro concorrenti: da quanto costa al fornitore, e da quanto può pagare il cliente.
Un costo che mostra, sul lungo periodo, un andamento crescente, per effetto dello sviluppo tecnologico e sociale, a volte turbato dalle fluttuazioni del costo dell’energia.
Quando macchine e manodopera costavano poco, il costo energetico, per quanto contenuto in valore assoluto, aveva un’incidenza molto elevata sul costo complessivo dei servizi; oggi che la tendenza si è invertita, la bolletta energetica è passata sempre più in secondo piano.
Il vistoso calo del gasolio, di cui le imprese hanno goduto nel 2015, non ha avuto però un riscontro diretto sui costi d’uso delle macchine, per una serie di fattori ai quali non è del tutto estraneo il prelievo fiscale.
Il taglio alle assegnazioni di gasolio agricolo, deciso dal governo Renzi con la legge di stabilità 2015, ha obbligato le imprese ad acquistare prodotto ad accisa piena per circa un quarto del fabbisogno, con un aggravio di circa 13 centesimi al litro. A questo si è aggiunto il trascinamento dovuto all’andamento dei costi delle materie prime registratosi negli anni precedenti, che ha portato ad aumenti nei costi delle macchine, dei materiali di consumo e dei ricambi. Non trascurabile, anche se poco visibile, è stata la compensazione fra le varie voci di costo, favorita dalla diminuzione del costo energetico: chi era rimasto al palo con gli aumenti, ha approfittato dell’occasione.
L’insieme di questi fattori, tutti concorrenti, ha di fatto compensato i circa 30 centesimi al litro della diminuzione del prezzo dei carburanti, anche per effetto della ridotta incidenza del costo energetico su quello totale, che oggi oscilla dal 10 al 25% a seconda della lavorazione.
Non hanno quindi alcun significato le proposte – avanzate lo scorso anno – di diminuire i prezzi dei servizi agromeccanici, in gran parte compensati da altre voci: semmai devono costituire uno stimolo a riflettere sul rapporto fra costi e prezzi, vera chiave di volta della marginalità.
Ogni impresa – per definizione – nasce e si sviluppa al solo scopo di produrre utili: senza margine non c’è impresa, e senza impresa non c’è sviluppo.
In un settore, come quello primario, in cui per anni si è cercato di tenere gli agricoltori lontani dall’analisi dei costi – e la recente proroga degli esoneri contabili ne è un esempio – parlare di profitto può persino sembrare anacronistico.
Eppure le imprese agromeccaniche, mai sfiorate da provvidenze pubbliche significative, hanno saputo progredire, conquistando spazi sempre più ampi, solo facendo utili: utili per remunerare l’immenso capitale investito, per la legittima soddisfazione di avere creato aziende solide e credibili, ma anche per investire sull’innovazione e sul futuro.
Per questo è necessario, ma vorrei dire indispensabile, che ogni impresa faccia valere il proprio ruolo, la propria competenza e professionalità, la propria autorevolezza sul mercato, per sconfiggere gli effetti negativi della concorrenza, quelli che portano alla dismissione e alla rovina.
Solo facendo qualità si può sfuggire alla logica del ribasso, che è prima di tutto svalutazione di sé e del proprio lavoro: se il cliente percepisce il contoterzista come un partner serio, affidabile e sicuro, anche dal punto di vista della solidità finanziaria, il prezzo può essere oggetto di discussione, ma non di imposizione o di monopolio.
Benché la qualità non si faccia solo con le macchine, la capacità di innovare e rinnovare si raggiunge con la disponibilità di capitali e questa, in un periodo di crisi d’identità del sistema creditizio, dipende anche dal capitale proprio dell’impresa.
Silvano Ramadori