Agromeccanici in crescita per fatturato e investimenti

L’annuario pubblicato dal Crea a fine anno, recante le
analisi sullo stato dell’agricoltura nel 2022, mostra una
ulteriore espansione del contoterzismo, con un incremento
percentuale rispetto all’anno precedente pari al 6% per
l’insieme delle attività di supporto alla produzione vegetale.
L’incidenza sul valore complessivo della produzione agricola è
arrivata al 10,8%: questo significa che se è vero che i costi della
meccanizzazione incidono per un quinto di quelli complessivi
(come media fra le diverse colture), metà del fabbisogno è
coperto dalle lavorazioni per conto terzi.
Le statistiche ci sono, sono attendibili, ma bisogna saperle
leggere: chi, per scarsa rappresentatività sul territorio, non
riesce ad avere il polso della situazione, può lasciarsi andare
a considerazioni imprecise che sono tuttavia smentite dai
dati e dai fatti. Escludendo i servizi più specialistici, come la
lavorazione del seme da reimpiegare, l’essiccazione e lo stoccaggio,
oppure le sistemazioni fondiarie e gli impianti arborei,
la crescita annuale si attesta sul 17,9%, solo in parte dovuta
all’adeguamento dei prezzi.
Con 3,89 miliardi di euro di lavori agromeccanici svolti sulle
colture meccanizzabili, la superficie coperta si avvicina agli
8 milioni di ettari (sui 12 complessivi): un ottimo risultato se si
considera che con la crescita della semina diretta e delle minime
lavorazioni, il fatturato medio si attesta sui 500 euro per
ettaro. Questo significa che due terzi della Sau nazionale è in
varia misura interessata dal contoterzismo, nelle sue varie forme:
imprese professionali, dalle dimensioni sempre maggiori,
e agricoltori con attività connessa all’agricoltura che svolgono
un servizio “di vicinato”.
All’incremento del fatturato ha corrisposto un similare andamento
degli investimenti, confermato dai dati rilevati dai costruttori
di macchine agricole, che nel 2022 ha fatto registrare
una parallela espansione, i cui effetti si sono visti anche nel
2023. Le stime sull’anno appena trascorso, nonostante la contrazione
delle produzioni agricole dovuta alle innumerevoli
calamità, mostrano una sostanziale tenuta degli investimenti,
solo in parte dovuta al protrarsi degli impegni assunti per utilizzare
il credito d’imposta 4.0.
Una tendenza di cui il legislatore ha tenuto conto, anche grazie
al quotidiano impegno politico e sindacale della Confederazione,

nell’emanazione dei bandi per l’innovazione gestiti
da Ismea e nell’assegnazione alle Regioni dei fondi del PNRR
per l’ammodernamento del parco macchine. Fondi che sono
destinati prevalentemente all’acquisto di attrezzature portate,
semi portate e trainate, tenute un po’ in disparte dagli stringenti
requisiti stabiliti da Agricoltura 4.0, che ha indirettamente
orientato le scelte verso le grandi macchine semoventi.
L’inclusione delle imprese agromeccaniche fra i beneficiari
diretti degli aiuti alla meccanizzazione, esprime meglio di
tante parole il nuovo atteggiamento adottato dalla politica,
orientato verso lo sviluppo equilibrato di tutti i soggetti che
operano all’interno delle filiere agricole. Un processo iniziato
quasi vent’anni fa, con la definizione delle attività agromeccaniche,
attuata da uno dei decreti applicativi della legge di
orientamento e modernizzazione dell’agricoltura, e via via
completata con l’inquadramento dei lavoratori nel settore
agricolo.
Manca solo l’ultimo tassello per riconoscere che l’imprenditore
agromeccanico deve essere inquadrato nel contesto in cui
opera - quello agricolo - piuttosto che su requisiti soggettivi
ancora legati a classificazioni ormai superate. Il riconoscimento
agricolo deve passare attraverso la qualificazione e
la professionalizzazione delle imprese, attuato per mezzo
di strumenti pubblici di verifica: è quel che già fanno gli albi
regionali delle imprese agromeccaniche, ove costituiti, e che
dovrà fare il futuro albo nazionale. L’obiettivo resta quello di
aiutare l’agricoltore a valorizzare i dati delle lavorazioni svolte
sulla coltura in campo e sul prodotto dopo la raccolta (che incide
per il 27% dei servizi di supporto alla produzione vegetale)
al fine di tracciare la prima parte della filiera, oggi limitata dalla
polverizzazione delle aziende e delle partite.
Una funzione che già gli agromeccanici possono svolgere
sul piano tecnologico, ma che rimane limitata sotto l’aspetto
giuridico per la mancanza di un sistema di certificazione e di
validazione che solo un albo nazionale potrebbe garantire,
all’interno delle blockchain esistenti e in fase di costituzione.
Ci auguriamo che l’imminente partecipazione a Fieragricola
di Verona possa creare l’occasione per riunire tutte le forze
che lavorano nel settore primario e aprire un serio confronto
con la politica.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI