La qualificazione degli agromeccanici per la tutela del lavoro

Le notizie di cronaca sullo sfruttamento della manodopera
meno qualificata dimostrano che gli interventi legislativi
sull’intermediazione illecita del lavoro – il cosiddetto
caporalato – si sono rivelati insufficienti a prevenire e reprimere
efficacemente il fenomeno. Il vecchio sistema sostenuto
dall’oggettivo bisogno di fare incontrare domanda e offerta di
lavoro, talvolta gestito da soggetti legati alla criminalità organizzata
è stato via via sostituito da organizzazioni che sfruttano
manodopera straniera.
Queste ultime, che si distinguono per i metodi spietati e il totale
disprezzo della dignità umana, hanno fiutato il vento travestendosi
da enti con propria personalità giuridica, insinuandosi nelle
pieghe del nostro quadro normativo almeno sul piano formale.
Dai vecchi minibus, inizialmente concepiti per il trasporto delle
persone, si è passati ad anonimi furgoni che scaricano questi
lavoratori sfruttati come se fossero merci: talvolta la facciata è
quella di una cooperativa – legalmente costituita – che offre i
servizi di raccolta e lavorazione a mano.
Queste realtà pubblicizzano la loro attività con il “passa parola”,
altre volte si fanno notare sui gruppi social o sui canali di annunci
telematici, a prezzi talmente bassi da risultare appetibili per chi
non ha innovato gli impianti e deve raccogliere a mano, o per chi
sceglie deliberatamente questa strada. La gravità delle sanzioni
previste dalle norme di contrasto del caporalato non basta a
scoraggiare chi non ha alternative alla raccolta manuale o non
riesce proprio a trovare personale: come avviene in altri campi
la malavita rende inaccessibili le soluzioni legali per allargare il
ricorso a quelle illegali.
Una soluzione in realtà ci sarebbe, soprattutto nelle regioni e nei
territori dove il contoterzismo è più sviluppato e moderno: dalla
raccolta del pomodoro alla vendemmia, le imprese agromeccaniche
possono fornire all’agricoltore un servizio di qualità a
costi competitivi. Considerando la resa di un moderno cantiere
ed il carico di manodopera, oltre al conducente della macchina
operatrice, per la rifinitura del lavoro, il costo del servizio agromeccanico
è sempre minore, senza i rischi legati all’impiego di
manodopera illegale. In questo senso il contoterzismo – quello
vero, la cui attività si fonda sulla tecnologia e sulla meccanizzazione
– rappresenta il più importante strumento di prevenzione
del caporalato: un ruolo inizialmente poco compreso dalle

istituzioni, ma che ora viene sempre più spesso riconosciuto.
Il progresso tecnologico mostra che la strada dell’innovazione
è quella giusta, come è possibile verificare presso le fiere e le
esposizioni: dai primi, improbabili prototipi, si è passati in breve
tempo a sistemi automatici per la raccolta di singoli frutti, grazie
allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Il futuro è a portata di mano e questa tecnologia aiuterà le
imprese agromeccaniche ad evolversi sempre di più verso
traguardi finora confinati nella fantascienza: chi ha nel Dna la
propensione ad innovare e ad investire saprà affrontare consapevolmente
queste nuove sfide. Ma alla base di tutto resta il
lavoro: la tecnologia non costringerà a cambiare la Costituzione
e, in Italia come altrove, il lavoro sarà sempre centrale, anche
se dovrà evolversi rispetto alla sola manualità.Non a caso la
presenza umana è, e continuerà ad essere, fondamentale per
gestire le macchine: dalla conduzione all’organizzazione, dalla
manutenzione alla gestione economica, in quel complesso di
conoscenza, di lavoro e di capitali che sono alla base del “fare
impresa”.
Proprio in questi giorni la Confederazione Agromeccanici e
Agricoltori Italiani, insieme con i tre principali sindacati dei lavoratori,
ha siglato il rinnovo del contratto nazionale di lavoro,
uno dei più moderni e innovativi nel settore dell’agricoltura.
La contrattazione nazionale, iniziata nel 1992, ha unificato i
numerosi contratti provinciali, alcuni dei quali risalenti ai primi
anni del Novecento, agli albori della meccanizzazione agricola.
Lo strumento contrattuale qualifica e identifica, in modo inequivocabile,
l’attività di una categoria che ancor oggi fatica a
trovare un proprio univoco inquadramento giuridico: dopo la
definizione dell’attività agromeccanica (con il decreto n. 99 del
2004) è mancata, da parte del legislatore, la capacità di inquadrare
in modo univoco il soggetto che la esercita. Una carenza
normativa che sta per essere sanata, grazie all’interessamento
di numerosi esponenti politici: siamo in una fase cruciale ed è
più che mai necessaria, in questo momento, la massima unità
di intenti per arrivare ad un risultato che gli agromeccanici attendono
da 20 anni.
Dobbiamo stare attenti, nelle tempeste della politica, ad evitare
che l’obiettivo di valorizzazione dell’attività agromeccanica,
anche sotto l’aspetto soggettivo, non si concretizzi: la qualificazione
delle filiere agricole, ivi compresi gli agromeccanici,
passa da quella delle figure che ne fanno parte, sia in veste di
imprenditori che di prestatori d’opera.
La qualificazione
degli agromeccanici
per la tutela del lavoro
• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI Agromec