Con la testa nei servizi e il corpo in agricoltura, così non va

Le imprese agromeccaniche hanno cominciato a svilupparsi
e diffondersi a cavallo fra Ottocento e Novecento,
agli albori della meccanizzazione agricola, per
l’esecuzione delle prime lavorazioni dopo la raccolta, dalla
trebbiatura dei cereali alla stigliatura della canapa.
Operazioni eseguite a punto fisso con la forza del vapore che
portavano nelle campagne un assaggio di quella rivoluzione
che aveva ormai conquistato altri settori, tanto che i contoterzisti
venivano definiti “gli industriali”, quasi a segnare un
confine fra tradizione e modernità.
È solo nella seconda metà del Novecento, con l’affermazione
del motore Diesel, che le macchine agricole iniziano a lavorare
nei campi - e non più nell’aia, a punto fisso – collegando
sempre di più alla campagna l’attività per conto terzi: è allora
che nasce il concetto di “agromeccanico”.
In questo periodo si affacciano sulla scena, accanto alle
imprese ormai storiche, numerosi operatori provenienti dal
mondo agricolo, ancora dominato in gran parte d’Italia dalla
mezzadria
Ma la storia e la tradizione continuano a pesare sulla definizione
giuridica degli agromeccanici che, dismesse le trebbiatrici
e le relative “squadre d’aia” che occupavano decine di operai
(centinaia nelle imprese più grandi), passarono dalla dimensione
industriale a quella artigianale.
È con l’automazione sempre più spinta, e con il parallelo
incremento delle potenze impegnate, che le problematiche
legate alla terra e alle colture iniziano a richiamare l’attenzione
di imprenditori fino ad allora dominati dalle preoccupazioni
legate alla macchina.
Un passaggio che ha richiesto decenni, durante i quali la figura
dell’agricoltore – intimamente legato al terreno di proprietà
– si è evoluto in senso dinamico con la diffusione dell’affitto,
unica soluzione praticabile per aumentare la dimensione
aziendale e la redditività dell’azienda.
La mobilizzazione dell’uso della terra, insieme a nuove forme
di servizi per conto terzi come gli appalti globali, ha
contribuito all’ulteriore avvicinamento degli agromeccanici
all’esercizio delle attività agricole, sia per l’esecuzione delle
lavorazioni che per la gestione del corpo aziendale. Un processo
evolutivo che ha portato ad un coinvolgimento sempre

più spinto della categoria nei processi produttivi agricoli, al
punto da identificarsi sempre più con l’agricoltura, pur mantenendo
quella professionalità e imprenditorialità tipica delle
origini industriali e artigianali.
Nel frattempo il quadro giuridico, seppure in ritardo, si è
evoluto andando a considerare la natura delle attività economiche
sulla base del contesto in cui si realizzano: poco conta
da chi è posseduta e gestita la tecnologia, rispetto allo scopo
per cui viene utilizzata.
Gli agromeccanici costituiscono un’eccezione: la legge li
considera ancora come imprese di servizi, con una vocazione
artigianale che in realtà è da considerare superata, perché
operano in prevalenza nell’agricoltura e nella manutenzione
del territorio rurale.
Le nostre imprese non possono più vivere nella cassa del
prestigiatore, con il corpo in agricoltura e la testa nell’artigianato:
il corpo è unico e bisogna che il legislatore si decida
finalmente a completare il lavoro iniziato nel 2004, con la
definizione di attività agromeccanica. Una definizione contenuta
nel decreto di attuazione della “legge di orientamento e
modernizzazione dell’agricoltura”, che avrebbe dovuto essere
completata da norme amministrative la cui applicazione, per
vari motivi, è stata finora ritardata.
I recenti contatti con le Commissioni Agricoltura di Camera e
Senato mirano a completare questo programma, iniziato quasi
vent’anni fa, per consentire alle imprese agromeccaniche di
entrare a far parte del settore agricolo e di accedere ad alcune
delle agevolazioni più significative. Un processo che segue
una strada già tracciata, quindi, ma che richiede la massima
attenzione non solo per favorire il contoterzismo agricolo,
ma l’intera agricoltura che proprio di questo ha bisogno per
poter resistere alle pressioni del mercato e sviluppare nuove
prospettive.
L’adozione delle tecnologie emergenti, in primo luogo quelle
di precisione, la salvaguardia dell’ambiente rurale, l’economia
circolare, la tracciabilità e la sostenibilità possono essere realizzate
solo con il supporto delle imprese agromeccaniche,
che devono poter accedere agli stessi incentivi previsti per
gli agricoltori.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI AGROMEC