Dal Contoterzista Day al Contoterzista Pride l’orgoglio degli agromeccanici

Nell’età della comunicazione, in cui ogni individuo può
in un istante collegarsi con il mondo intero, la mole di
notizie e informazioni che ci sommerge, pur offrendoci
opportunità sconosciute, non ci consente di valutare e di
apprezzare la sottile differenza fra vero e plausibile. Si sostiene
anzi che molte di queste informazioni siano inesatte o deliberatamente
falsificate al solo scopo di suscitare un interesse
– positivo o negativo – capace di far aumentare il numero di
contatti e collegamenti da rivendere sul mercato pubblicitario.
Non c’è quindi da meravigliarsi se la verità tende a essere
oscurata da questa pioggia di pseudo notizie che insinuano
il dubbio anche nell’animo del lettore più attento e consapevole.
Le attività agricole non sono immuni da questi attacchi,
sostenuti da dati apparentemente reali; poi si vanno a vedere
i numeri e si scopre che, rimettendo la virgola al suo posto, il
panorama è assai più tranquillizzante. Ci si doveva mettere di
mezzo l’Ispra a spiegare che appena il 7% dei gas a effetto serra
proviene dall’agricoltura e che comunque questa consuma
più carbonio di quanto ne rilascia nell’ambiente?
In un certo senso, il sapere che le imprese agromeccaniche
sono ritenute responsabili di questi fenomeni può anche far
piacere, se non altro per l’indiretto riconoscimento del ruolo
crescente che stanno assumendo all’interno dei processi produttivi
agricoli. Dopo anni caratterizzati dalla negazione della
nostra stessa esistenza, oggi chi vive di agricoltura sa benissimo
chi sono i contoterzisti e cosa fanno, quali sono le nostre
caratteristiche e le nostre peculiarità, cosa sappiamo fare oggi
e cosa vorremmo fare nel futuro.
Siamo i soli che ancora scelgono di investire sulla base delle
necessità dell’agricoltura, e non per rincorrere un aiuto o
un finanziamento, un atteggiamento diffuso nell’industria e
nell’alta tecnologia, molto più che nel settore primario.
Gli agromeccanici, che generano un volume d’affari di 3,8 miliardi
di euro (secondo i dati Istat), ne investono oltre il 20%
in macchine e tecnologie, con un’incidenza sul fatturato che
non trova riscontro fra le altre imprese del settore.
Da questa spinta innovativa trae vantaggio principalmente
l’agricoltura, ma questa – o meglio la politica che la governa

– non si rende conto: gli aiuti comunitari, per un motivo o
per l’altro, evitano le imprese agromeccaniche, che dovrebbero
semmai essere le prime beneficiarie per la loro capacità di
trasferire immediatamente l’innovazione a tutti gli agricoltori,
grandi e piccoli.
È grazie alle imprese agromeccaniche se in Italia anche le
aziende di modesta estensione possono restare sul mercato:
se è vero che per sopportare i costi d’uso di una mietitrebbia ci
vogliono almeno 100 ettari, cosa accadrebbe se non esistesse
il contoterzismo? Non è una domanda retorica, perché i paesi
dove più hanno agito le speculazioni internazionali (fra cui il
fenomeno del “land grabbing”) sono proprio quelli che non
conoscono il contoterzismo; qui la globalizzazione ha fatto
le sue vittime, estromettendo centinaia di migliaia di piccoli
agricoltori.
Sempre restando nel sociale, non possiamo che essere orgogliosi
del fatto di avere ridotto frequenza e gravità degli infortuni
sul lavoro, rispetto alla media del settore agricolo, grazie
alla nostra professionalità ed alla scelta di macchine moderne
e sicure. E, per quanto riguarda la sicurezza alimentare, siamo
stati i primi ad adeguarci alle nuove regole sull’uso sostenibile
degli agrofarmaci, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello
documentale, a sostegno degli agricoltori che non hanno potuto
o voluto adeguarsi al Piano nazionale. Un ruolo, questo,
riconosciuto dallo stesso legislatore, che è destinato ad assumere
un’importanza crescente in relazione alla sempre più
diffusa richiesta, da parte della filiera di trasformazione, della
certificazione e della tracciabilità delle lavorazioni in campo.
Gli agromeccanici sono fra i pochi imprenditori che trasferiscono
immediatamente ai loro clienti i benefici fiscali, come
avviene per quella parte di gasolio agevolato che si tramuta
in un risparmio di oltre 300 milioni di euro sui costi delle lavorazioni.
Di tutto questo siamo legittimamente orgogliosi: ma
la quotidiana e instancabile attività al servizio dell’agricoltura,
dell’ambiente e dei consumatori non sembra avere sempre
trovato adeguato riscontro, e questo ci sprona a dedicare tutte
le nostre energie e le nostre capacità a far valere il nostro
insostituibile ruolo.
PUNTI DI VISTA
• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI