Sostenibilità economica fattore imprescindibile per qualsiasi impresa

In quanti modi si può declinare la sostenibilità? È complicato
dare una risposta in concreto, perché sono diverse le sfaccettature
che il processo di agricoltura “razionale” – espressione
che Franco Scaramuzzi, presidente onorario dell’Accademia dei
Georgofili, preferisce al termine “sostenibile”, in quanto più rispondente
alla finalità stessa dell’attività agricola in un contesto
di conservazione e passaggio generazionale rispettoso dell’ambiente,
del suolo, del territorio e delle risorse idriche – permette
di adottare.
Un po’ più semplice è, invece, definire i campi d’azione della
sostenibilità: economica, ambientale e sociale. Un mantra che
abbiamo sentito e ripetuto centinaia di volte e che, appunto,
può essere interpretato in termini operativi in svariati modi,
ma sempre tenendo la barra dritta su principi essenziali inderogabili.
Li riassumo brevemente, sottolineando che quando
parliamo di razionalità economica, ambientale e sociale, non
stiliamo una classifica in cui un obiettivo deve essere privilegiato
rispetto agli altri due, ma siamo di fronte a tre totem che
devono essere parimenti venerati e tenuti come stella polare
per il futuro delle aree rurali, sempre più in difficoltà in confronto
con la crescita delle aree urbane.
La razionalità o sostenibilità economica è un fattore imprescindibile
per l’attività imprenditoriale stessa. Un’impresa che non
ha margini di guadagno è destinata a chiudere, come in parte
sta avvenendo in molte aree del pianeta. In Italia la mortalità
delle imprese agricole è tutt’altro che una novità e sta colpendo
anche aree dove il valore aggiunto delle produzioni è più
elevato rispetto ad altri territori. Questo trend è diffuso anche
ad altre longitudini. Pensiamo ad esempio agli Stati Uniti. I dati
del censimento agricolo americano del 2017, elaborati e diffusi
dal Dipartimento Agricoltura (Usda) nei giorni scorsi, evidenziano
una riduzione nel giro di un quinquennio del numero
delle aziende del 2,3%, superando di poco la cifra di due milioni
di imprese, con una dimensione media di oltre 178 ettari. Quello
che colpisce Oltreoceano è la grande differenza fra le grandi
aziende (circa 77mila), che realizzano fatturati sopra il milione
di euro, e i piccoli agricoltori, che sono un esercito di oltre 1,5
milioni di aziende (ma in Italia complessivamente le aziende
agricole sono 1,6 milioni, su una superficie molto più contenuta).
Piccole realtà, con volumi d’affari inferiori ai 50mila dollari.

Sembra di vedere lo stesso film, nell’era della globalizzazione.
Addirittura negli Usa – dove non ci sono indicazioni geografiche
come in Europa, salvo qualche rarissimo prodotto che
ha notorietà e peculiarità specifiche – il valore aggiunto delle
materie prime agricole è inferiore rispetto all’Italia.
Meno del 45% delle imprese agricole totali realizza margini positivi
e anche al di là dell’Atlantico ci si sta orientando verso
la produzione di energia rinnovabile, dando così spazio allo
sviluppo della multifunzione che da noi, in Italia, grazie al pressing
di Coldiretti, ha potuto contare su una definizione normativa
dal lontano 2001 con la legge di Orientamento agricolo
(che ha colpevolmente riconosciuto un ruolo “mutilato” alle
imprese agromeccaniche). La parentesi sul mondo agricolo
americano deve necessariamente portarci a riflettere sull’evoluzione
globale del modello agricolo e sulla necessità appunto
di fare reddito, per non esporre le imprese a rovesci pericolosi,
che potrebbero portare anche alla chiusura dell’attività, qualsiasi
siano le dimensioni medie.
L’assemblea 2019 di Cai ci porterà a riflettere anche sulla razionalità
o sostenibilità ambientale, con uno studio pilota realizzato
dall’Università di Milano, che certifica il ruolo del contoterzismo
agricolo anche in chiave di rispetto dell’ambiente
e del contenimento delle emissioni. Non riconoscere il ruolo
che gli agromeccanici meritano anche in termini ambientali,
in futuro sarà null’altro che antistorico. Altra leva per la sopravvivenza
dell’agricoltura sarà la razionalità o sostenibilità sociale.
La battaglia per ridurre le morti sul lavoro non si combatte
a colpi di slogan, ma di innovazione nelle aziende, a partire dal
contesto della meccanizzazione. E chi ha la forza di innovare,
se non le imprese agromeccaniche? A chi affidare gli appalti di
manutenzione del verde, delle strade, dei canali, se non a chi
può contare su trattori e mezzi agricoli moderni, efficienti, in
linea con le normative sulle emissioni e sulla sicurezza?
Uno sguardo – da sindacato degli agromeccanici – all’Europa.
La Commissione europea, giunta ai titoli di coda del quinquennio
istituzionale, ha messo a disposizione - grazie a un accordo
con Bei - un miliardo di euro per il ricambio generazionale.
L’ennesima miopia. Si tende la mano ai giovani agricoltori in
ordine sparso, ma si escludono dalle politiche di crescita i
giovani imprenditori agromeccanici. Povera Europa.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI