Cresce il contoterzismo ennesima conferma di chi fa vera innovazione

Come è nostra abitudine, cerchiamo di partire dalle

buone notizie. Quello che alla Confederazione degli

Agromeccanici e Agricoltori Italiani e a chi mastica

il settore agricolo non era sfuggito è stato confermato ora

anche dai numeri certificati dal Crea del professor Salvatore

Parlato e presentati recentemente a Roma nell’Annuario

dell’agricoltura italiana. In sintesi: cresce il contoterzismo in

Italia e nel 2017 raggiunge un valore di 3,12 miliardi di euro

(+2,3% a valori correnti sull’anno precedente).

Le attività agricole per conto terzi, osservando appunto le cifre

riportate dall’Annuario dell’agricoltura italiana, rappresentano

il 45,6% di tutte le cosiddette attività di supporto che,

ricorda il Crea, “sono intrinsecamente legate alla fase strettamente

agricola”. Le attività agricole per conto terzi, con un

balzo del 2,3% fra il 2016 e il 2017, hanno registrato un tasso

di crescita più marcato rispetto all’andamento – seppure positivo

– delle attività di supporto, aumentato dell’1,2% e costituito

anche dalla lavorazione delle sementi per la semina,

da nuove coltivazioni e piantagioni, dalla prima lavorazione

dei prodotti agricoli, dalla manutenzione del terreno al fine

di mantenerlo in buone condizioni agricole ed ecologiche,

dalle attività di supporto all’allevamento del bestiame. Ambiti,

peraltro, all’interno dei quali si muovono anche le imprese

agromeccaniche. Il valore dunque del contoterzismo è ancora

più elevato. Ma tant’è.

Ci basta avere la conferma che la terziarizzazione dei servizi

in agricoltura sta crescendo. Un fenomeno che si struttura di

pari passo con una sempre maggiore specializzazione delle

prestazioni e un aumento delle superfici medie gestite dagli

imprenditori agromeccanici, che sono tutt’altro che latifondisti

intesi nell’accezione più negativa che qualcuno vorrebbe

cucirci addosso.

Al contrario, stiamo portando innovazione sempre più su larga

scala, contribuendo a ra.orzare il valore aggiunto delle

produzioni primarie, che significa competitività e redditività

per le aziende agricole. È, in altri termini, quell’agricoltura

“smart” di cui parla il professor Angelo Frascarelli dell’Università

di Perugia e di cui si sente sempre bisogno. Lo ha confermato,

recentemente, anche il professor Luigi Mariani dell’Università

di Milano (siamo ancora tra quelli che ritengono che

c’è sempre qualcosa da imparare): c’è bisogno di innovazione

nei campi, ma se si fa come singolo agricoltore si corre il rischio

concreto di non riuscire a giustificare gli interventi per

scarso utilizzo e per ingenti costi. Ecco che il fenomeno delle

imprese agromeccaniche che o.rono servizi terziarizzati si

delinea sempre più come uno strumento di innovazione.

Considerare marginale il fenomeno del contoterzismo e precludere

alle imprese agromeccaniche la possibilità di accesso

ai fondi per l’innovazione non solo configura una politica

palesemente discriminatoria nei confronti di una categoria

che continua a crescere, ma è anche una scelta miope, anacronistica

e contraria alla direzione di sviluppo dell’agricoltura,

ancora una volta supportata da numeri che vedono il

giro d’a.ari delle imprese agromeccaniche crescere di anno

in anno. Da un governo che si è presentato agli italiani come

quello che avrebbe portato avanti azioni di rilancio dell’economia

e rinnovato la società, ci attendiamo francamente una

scossa maggiore. La legge di Bilancio ha in parte deluso le

aspettative.

Allo stesso tempo, non possiamo non guardare con fiducia

alcune proposte che potrebbero restituire dignità alle imprese

agromeccaniche che, come abbiamo visto, sono il motore

dell’agricoltura. Ci riferiamo alla proposta di legge sulla semplificazione,

che finalmente equiparerebbe la figura degli imprenditori

agromeccanici a quelli agricoli, naturalmente per

quanto si può considerare sovrapponibile sul piano legislativo

e senza nulla togliere agli agricoltori.

Per questi motivi leggiamo con stupore alcune prese di posizione,

che suonano più come una strenua difesa di rendimenti

di posizione che non giudizi avvalorati da tesi scientifiche.

Sosteniamo il percorso che il Mise sta costruendo per arrivare

alla definizione di una blockchain per le filiere agricole

e ci candidiamo come certificatori di una parte significativa

dei processi dal campo alla prima trasformazione delle materie

prime. Sul piatto possiamo mettere la professionalità e

la raccolta dei dati che l’agricoltura di precisione ci consente

di attivare. Qualcosa, forse, si sta muovendo. Siamo fiduciosi.

Gianni Dalla Bernardina

Presidente CAI