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Guardiamo al 2019, partendo dalla coda del 2018. Due
eventi a dicembre hanno contribuito a dare fiducia alle
imprese agromeccaniche. Innanzitutto, in ordine cronologico,
la posizione espressa dal sottosegretario alle Politiche
agricole, Franco Manzato, in ordine proprio al ruolo degli
agromeccanici, che “sono degli agricoltori a tutti gli effetti
e devono poter accedere agli aiuti per gli investimenti, che
potrebbero essere previsti in una specifica misura del futuro
Piano di sviluppo nazionale”. Dichiarazioni di “peso”, che riportiamo
virgolettate e che annunciano la volontà del Governo in
carica di equiparare ruoli e soggetti che operano in un unico
comparto economico, quello appunto dell’agricoltura.
Come Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani
possiamo dirci fiduciosi. Sarà necessario, ora, dare corso ai decreti
attuativi e a tutte le procedure necessarie per confermare
la volontà espressa dall’Esecutivo. In verità, lo sforzo sarebbe
minimo, perché basterebbe una legge di un solo articolo: “Gli
imprenditori agromeccanici professionali sono equiparati agli
imprenditori agricoli”. Sempre che, ovviamente, si voglia interpretare
il futuro dell’agricoltura con gli strumenti delle sfide
che attendono il comparto. In caso contrario, credo che sarebbe
oggettivamente pesante sopportare l’ennesimo dietrofront
di natura politica.
L’altro aspetto sul quale Cai desidera richiamare l’attenzione
è la folta partecipazione delle imprese al Contoterzista Day.
Alla Maschio Gaspardo (a proposito, auguri al nuovo board
societario), eravamo in più di 600 imprenditori, interessati a
comprendere come corpo sociale quale futuro attende l’agricoltura
e come le imprese agromeccaniche possono rispondere
al meglio.
Qualcuno, inesperto del settore, potrebbe ribattere che 600
imprenditori sono pochi rispetto a migliaia di agricoltori radunati
in piazza. Forse sarà anche così, ma il paragone non si può
portare avanti confrontando il numero di imprese agricole e
di pensionati agricoltori in Italia (qualche milione) e il numero
di imprenditori agromeccanici e di imprese professionali di
terziarizzazione dei servizi in agricoltura attive nel Paese. Parliamo
di 18mila imprese agromeccaniche, delle quali 10mila
professionali.
Questo significa, calcolatrice alla mano, che in una sola giornata
abbiamo mosso oltre il 7% degli imprenditori professionali.
Significa che abbiamo i numeri e, soprattutto, che siamo
compatti. Siamo interlocutori pertanto seri, affidabili e in grado
di veicolare messaggi, progetti, iniziative a tutte le aziende
agricole italiane, dal momento che lavoriamo in 9 aziende
agricole su 10, se teniamo conto delle diverse operazioni
di raccolta, aratura, semina, diserbo, movimentazione che di
fatto svolgiamo, considerando che mediamente ogni impresa
agromeccanica offre servizi e consulenze a circa 100 aziende
agricole, possiamo dire che eravamo in 60.000.
Nonostante l’elevato numero di cavalli vapore che rappresentiamo,
tenuto conto appunto che abbiamo le trattrici e le
macchine di più alta potenza, ponendoci come leader nella
meccanizzazione agricola, continuiamo a ritenere che il dialogo
con tutti sia la strada migliore per pianificare insieme il
futuro di un settore strategico come quello dell’agroalimentare.
Prendiamo atto, tuttavia, che l’inizio del 2019 è stato caratterizzato
da manifestazioni e mobilitazioni di protesta in Puglia
e a Roma che raccontano di un clima evidentemente teso
e incerto. L’agricoltura chiede maggiori attenzioni e, alla luce
dei risultati ottenuti dalla filiera – export alimentare in crescita,
col Made in Italy oltre la soglia record di 42 miliardi – è logico
che ci si attenda un’attenzione adeguata alle prospettive di
sviluppo.
La legge di Bilancio avrebbe potuto guardare con maggiore
benevolenza al settore. Se è vero che è stato confermato il
bonus verde, che gli agricoltori possono contare ancora sull’esenzione
di Imu e Irpef e che alcuni benefici fiscali sono stati
concessi ai biogas al di sotto dei 300 kW, il settore agromeccanico
vive sempre in una sorta di limbo. È pur vero che è stato
riconfermato l’Iper-Ammortamento per favorire acquisti di
beni strumentali “tecnologici” (Industria 4.0), ma è stato eliminato
il maxi ammortamento, che avrebbe favorito il ricambio
di macchine e attrezzature “ordinarie”.
È altrettanto vero che è stata introdotta la tassazione agevolata
degli utili reinvestiti e che dal 2020 le nostre piccole imprese
potranno essere agevolate dalla Flat Tax, ma ci si aspettava
qualche cosa in più per una categoria che è sempre più sostegno
importante e indispensabile per una agricoltura nazionale
di qualità.
Anche nel primo spicchio di 2019, partito all’insegna delle incognite
più totali (pensiamo alla Brexit), la revisione dei mezzi
agricoli si conferma una trappola burocratica. Nulla sembra
essere stato deciso, per cui non possiamo fare altro che ammettere
che agricoltori e agromeccanici corrono il rischio di
incorrere in sanzioni e fermi macchina, senza alcuna indicazione
su chi e come può svolgere la revisione e cosa deve
ispezionare.
Ci aspettano le elezioni europee, che molto probabilmente
disegneranno un Parlamento molto diverso da quello attuale.
Anche l’agricoltura sarà investita da un cambiamento radicale.
Nei prossimi mesi vedremo in quale direzione.
• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI