Solo gli agromeccanici possono portare su larga scala le innovazioni

A Kilkenny, di fronte a una platea di 400 persone, fra

esponenti del settore agricolo e cittadini, il commissario

europeo all’Agricoltura ha annunciato che la sua

priorità, nel negoziato relativo alla riforma della Pac post 2020,

sarà quella di difendere il budget per garantire un futuro alle

piccole e medie imprese. Non fa mistero che con l’uscita del

Regno Unito dall’Unione europea, si perderanno 12 miliardi

di euro, con la conseguenza che a Bruxelles sono in molti a

ipotizzare una riduzione delle risorse.

Come soggetti facenti parte del mondo agricolo, non possiamo

non seguire con attenzione l’evoluzione di queste discussioni

che, per quanto possa sembrare lontano il 2020, devono

tempestivamente essere affrontate in questa fase.

La contrazione del numero di aziende agricole in Italia e in

Europa è un dato che fa riflettere. Le difficoltà nel ricambio

generazionale sono innegabili, così come è altrettanto evidente

che senza margini di reddito positivi, che garantiscano una

vita dignitosa e la possibilità di investire in azienda, un’impresa

non può andare avanti. Quello che servirebbe, a nostro avviso,

è un cambio di paradigma. La Politica agricola comune, così

come è stata impostata, è corretta nelle sue aspirazioni teoriche

(sicurezza alimentare, cibo salubre a costi accessibili per

tutti, stabilità dei mercati, incremento delle produzioni), ma

necessita di nuove modalità di applicazione e di una rivisitazione

profonda dei meccanismi di accesso ai fondi.

I dati recentemente comunicati dalla Commissione Ue evidenziano

che l’ammontare complessivo da spendere inderogabilmente

sui diversi Programmi di sviluppo rurale italiani

entro dicembre 2018 è pari a 835 milioni, fra risorse comunitarie

e cofinanziamento regionale. Circa la metà delle Regioni

italiane, con in testa il Veneto e le Province autonome di

Trento e Bolzano, dimostrano di mantenere un ritmo di spesa

lontano dal rischio di disimpegno, ma vi è una buona parte di

realtà regionali che potrebbero non riuscire a raggiungere gli

obiettivi minimi previsti, a partire dai Psr di Campania e Puglia.

Torniamo dunque alla battaglia giusta del commissario Hogan:

come difendere le pmi agricole, soprattutto quelle che

non hanno la forza di sostenere gli investimenti? In Europa,

ma anche in Italia, una risposta alle esigenze di innovazione,

di agricoltura di precisione, di sostenibilità ambientale

ed economica, è garantita dalle imprese agromeccaniche e

dalle lavorazioni in conto terzi. L’evoluzione del fenomeno

“contoterzismo”, dal punto di vista della sociologia rurale, è

sempre più orientato verso nuovi servizi e gestioni strutturate

dell’azienda agricola da parte del mondo agromeccanico,

che dovrebbe pertanto poter accedere a quelle misure che

favoriscono gli investimenti in tecnologia per la crescita della

competitività agricola. In caso contrario, potremo mettere

in campo qualsiasi azione a sostegno delle piccole e medie

aziende agricole, ma non avremo alcun successo. Non è più

tempo di non capire che l’evoluzione della meccanizzazione

agricola, quella orientata verso l’efficienza, passa in via esclusive

da un contoterzismo specializzato. Lo ha puntualizzato

a Vinitaly anche il prof. Attilio Scienza, luminare della Viticoltura,

proprio con riferimento alle nuove frontiere dell’Internet

delle Cose: le innovazioni le possono portare, su larga scala, le

imprese agromeccaniche. Il concetto è molto semplice.

Questi saranno alcuni dei temi che affronteremo a metà giugno

nelle assemblee del Ceettar (l’organizzazione europea

delle imprese agromeccaniche, che unisce le rappresentanze

di 17 Paesi in Europa) e di Cai. La possibilità di ospitare l’incontro

annuale delle associazioni di rappresentanza del settore

agromeccanico e agricolo è per noi un grande onore.

Conferma che anche in Europa era attesa l’unificazione che

ha portato ad avere un unico sindacato di rappresentanza nazionale

del comparto, riconosciuto anche da chi ha compreso

che il futuro dell’agricoltura e del Made in Italy agroalimentare

passa attraverso le imprese di meccanizzazione agricola. Non

dimentichiamo che una della principali cause di appesantimento

della situazione patrimoniale delle aziende agricole è

data dagli ammortamenti del parco macchine, molto spesso

sovradimensionato rispetto ai fabbisogni reali. Cai si prepara

a siglare il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti

delle imprese agromeccaniche. Anche in questo caso

sarà il primo siglato dalla nostra Confederazione. Ne siamo

orgogliosi, anche per le modalità di dialogo costruttivo avute

con i sindacati dei lavoratori.

È in corso la campagna assicurativa per le colture. Sottoscrivere

polizze agevolate per proteggere il proprio raccolto è, a

nostro parere, un atto di responsabilità. Innanzitutto perché

è ormai assodato il fatto che, in caso di eventi calamitosi, il

ministero delle Politiche agricole non interviene a coprire

i danni, se le produzioni colpite potevano essere protette

dall’assicurazione. In secondo luogo, una polizza consente

agli agricoltori di non perdere totalmente le entrate, in caso

di danni, potendo così assolvere al pagamento delle imprese

agromeccaniche di cui si sono serviti per i lavori in campo.

molto spesso ci si dimentica con estrema facilità di quanti

contribuiscono all’attività aziendale. Un’assicurazione fa bene

alla filiera.

• Gianni Dalla Bernardina

Presidente CAI