Mipaaf e Codice agricolo, non perdiamo l’ennesima occasione per definire la figura dell’imprenditore agromeccanico professionale

Non possiamo fare a meno dell’Unione europea. Questo

è un assioma ineludibile. E quando parliamo di Politica

agricola comune, non possiamo non condividere

le parole di Jyrki Katainen, vicepresidente responsabile per

l’Occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività

della Commissione europea. “La Politica agricola comune ci

accompagna dal 1962. Pur assicurandoci che continui a produrre,

ad esempio, alimenti salutari e gustosi per i consumatori

e a creare occupazione e crescita nelle aree rurali, la Pac

deve anche evolversi insieme alle altre politiche”.

La tensione annunciata dal commissario Phil Hogan verso la

modernizzazione e la semplificazione della Pac è dunque un

passaggio obbligato, così come l’attenzione dedicata all’innovazione

e alla strategia degli investimenti esterni, come i

44 miliardi destinati all’Africa, che riteniamo indispensabili sia

nell’ottica di un rafforzamento dell’agricoltura sia con riferimento

al contenimento dei flussi migratori.

Nutriamo qualche perplessità, in tutta franchezza, quando i

disegni dell’Ue tratteggiano l’idea di piani nazionali su ambiente,

controlli e target. E se a sollevare il sopracciglio sono

anche i francesi, che hanno una struttura statale oserei dire

un po’ più efficiente del Moloch italico, è forse bene porsi

qualche domanda sul disegno di una neanche troppo celata

rinazionalizzazione.

È una ipotesi sdrucciolevole, tanto più in quei paesi in cui –

come ha riconosciuto recentemente il professor Luigi Costato,

uno dei più grandi esperti di Diritto agrario a livello europeo

– la linea di demarcazione fra controllori e controllati è

molto labile.

Rimango sul filo del diritto perché il ministero delle Politiche

agricole sembra stia lavorando nella realizzazione di una bozza

di decreto legislativo destinato a diventare il Codice agricolo,

una sorta di Testo unico, come c’è nel vino, finalizzato

a semplificare la vita di tutti gli operatori del settore. Lo scopo

è assolutamente lodevole, soprattutto la luce del tempo che

purtroppo viene sprecato per la burocrazia. Un corpus normativo

che tratti la materia in maniera organica sarebbe un aiuto,

anche in materia di controversia o solamente per una consultazione

rapida di tutto il corpus normativo lievitato negli anni.

Il nuovo codice dovrebbe anche contenere una qualifica aggiornata

dell’imprenditore agricolo professionale. Al ministro

Martina e a chi è coinvolto nella partita giuridica di stesura del

testo, la Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori

Italiani chiede con sollecitudine di non perdere un’altra occasione

e di definire in maniera chiara, incontrovertibile e netta,

la figura dell’imprenditore agromeccanico professionale. Essa

dovrà essere in linea non soltanto con il ruolo attualmente

svolto dagli agromeccanici, ma dovrà spingersi in proiezione

con il numero crescente di attività e servizi che il contoterzismo

professionale opera in un contesto che è rigorosamente

agricolo. Su questo punto l’Unione europea è stata molto chiara

e pretendiamo che, in base alla gerarchia delle fonti giuridiche,

l’Italia rispetti la posizione comunitaria senza ambiguità.

Non potremo più accettare, in uno scenario che guarda all’innovazione

e alla competitività come strumenti atti ad assicurare

un futuro dignitoso al settore, una discriminazione che si

configurerebbe, se reiterata, inevitabilmente di natura dolosa.

Sarebbe per noi un affronto al quale, come categoria, saremmo

costretti a rispondere in maniera dura.

Insieme a Coldiretti stiamo elaborando un progetto di ampio

respiro, al servizio delle filiere italiane, in grado di riconoscere

una redditività più alta ai produttori, ma allo stesso tempo

di garantire il consumatore dell’origine della materia prima e

della correttezza di tutte la fasi che vanno dalla terra alla tavola.

Siamo orgogliosi che vi sia chi ha compreso il ruolo della

meccanizzazione agricola e dei contoterzisti, senza ostacolare

la nostra attività e, anzi, cogliendone le opportunità sul

piano tecnologico, economico, sociale e ambientale.

Abbiamo avviato un dialogo anche con Federbio, organizzazione

che ha saputo vedere le potenzialità delle imprese

agromeccaniche nell’ottica della certificazione del processo

biologico. Potrebbero aprirsi scenari interessanti e nuovi servizi

alla luce di un progetto di collaborazione che, riteniamo,

potranno portare benefici concreti a un mondo in rapida crescita,

come quello del biologico.

Come categoria non abbiamo mai posto limiti al nostro lavoro,

purché avvenga nel rispetto delle norme e si traduca in

un vantaggio per le filiere, i consumatori e, naturalmente, le

nostre imprese.

• Gianni Dalla Bernardina

Presidente CAI