G7 dell’Agricoltura a Bergamo occasione da non perdere per accelerare un processo inclusivo degli agromeccanici a livello internazionale

A metà ottobre Bergano ospiterà il terzo G7 dell’Agricoltura.
Il primo a istituire un appuntamento dei sette
Paesi più industrializzati per parlare di agricoltura fu
l’allora ministro Zaia, nel 2009, a Cison di Valmarino. Ad aprile
dello scorso anno fu la volta di Niigata, in Giappone. Ora
tocca di nuovo all’Italia, con il ministro Maurizio Martina nel
ruolo del padrone di casa.
È una grande occasione per affrontare i grandi temi del sistema
agricolo e agroalimentare mondiale, a patto che si
compiano passi in avanti non soltanto in termini di metafisica
e di iperuranio, ma si gettino le basi per declinare azioni
concrete e “a presa rapida” per intervenire e risolvere quegli
inconvenienti che accomunano il comparto a tutte le latitudini.
Le priorità di questo G7 dell’Agricoltura sono molte. La lotta
ai cambiamenti climatici è sicuramente una di queste: le gelate,
la siccità, la grandine hanno caratterizzato questi mesi
del 2017, con ripercussioni negative sul territorio, le produzioni,
la sicurezza alimentare.
È un’analisi valida non soltanto per l’Italia, ma anche per
estensione all’Unione europea, agli Stati Uniti (dove alla
grandine e alle gelate gli agricoltori hanno dovuto fare i
conti con gli uragani), ma anche alla Cina (siccità), all’India
(siccità e monsoni), all’Oceania e all’Africa, dove purtroppo la
parola “emergenza” va a braccetto con la fame.
L’emergenza cibo, intesa come sicurezza alimentare e sicurezza
degli approvvigionamenti, sarà uno dei temi in agenda
al G7.
Dovremo al più presto modificare il modo di produrre e
ogni regione dovrà dare il proprio contributo. Anche in chiave
di un uso consapevole delle risorse idriche e delle fonti
energetiche, che progressivamente dovranno virare verso la
sostenibilità, senza sovrapporre le produzioni food a quelle
no-food. E sempre di più l’economia circolare sarà la strategia
vincente per poter generare risorse dagli scarti dei cicli
produttivi precedenti. Un concetto intuitivo e, oserei dire
quasi banale, tutt’altro che complicato da applicare ai livelli
base.
La stessa meccanizzazione in agricoltura ha compiuto passi
da gigante nell’ottica della sostenibilità e di un dialogo su
ampia scala che, grazie all’Internet of Things (Iot), permette
interconnessioni utili per “produrre di più con meno”, se
mi è concesso ricorrere a uno slogan tanto efficace quanto
abusato.
L’analisi dei big data, la loro rilevazione, la possibilità di approfondire

molti aspetti dell’attività quotidiana degli agricoltori
è oggi agevolata da quelle tecnologie delle quali si
servono in primis i contoterzisti e le loro imprese che non
offrono più solamente la meccanizzazione agricola, ma
servizi ad ampio raggio e a più anelli della filiera produttiva
agroalimentare, compresa quella tracciabilità che abbiamo
visto essere ancora uno strumento di sicurezza.
Come Cai, sindacato di rappresentanza dei contoterzisti e
degli agricoltori ne siamo consapevoli ed è per questo che
sollecitiamo i Paesi del G7 ad accelerare un processo inclusivo
a livello internazionale delle imprese agromeccaniche,
perché senza il loro contributo mancherà il supporto all’innovazione,
elemento imprescindibile per poter garantire
una redditività vitale per il sistema. Se le imprese non producono
utili, concetto semplice in economia, inevitabilmente
chiudono o vengono assorbite da altri, perdendo la propria
natura.
In questi anni la volatilità dei mercati è stata un oggettivo
fattore di rischio per le filiere, con conseguenze su larga scala
dal punto di visto geografico e nefaste per i produttori.
Pensiamo ai rally delle materie prime, dal latte ai cereali.
Quella dell’agricoltore è una missione, che può essere perpetrata
solo in presenza di reddito positivo. Per questo penso
che a Bergamo i sette Paesi più industrializzati del mondo
dovranno spingere sull’acceleratore per affrontare la questione
del ricambio generazionale, un problema sentito in
Italia, in Europa, in Giappone e negli Stati Uniti.
Dobbiamo pensare al futuro, con la consapevolezza che nel
mondo non c’è un modello unico di agricoltura, ma differenti
declinazioni accomunate dall’impegno, dal desiderio di
produrre e di sostenere la propria famiglia. Oltre l’80% delle
imprese agricole, infatti, ha natura familiare.
Senza sovrapporsi al ruolo del Wto, il G7 dell’Agricoltura dovrà
appianare le divergenze in tema di barriere doganali, daziarie
e sanitarie, perché il protezionismo non porta risultati
apprezzabili per la redditività delle imprese in un medio-lungo
periodo.
Anche sul benessere animale e sul fenomeno dell’antibiotico-
resistenza dovranno essere discussi protocolli comuni su
scala mondiale.
Temi certamente non nuovi, ma che devono trovare sinergie
condivise e azioni immediate, frutto del dialogo e della ricerca
scientifica. L’orizzonte è lì.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI