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La recente pubblicazione dello studio, condotto da eminenti
accademici, sull’importanza socio-economica del contoterzismo
agricolo, ci spinge, sotto la comune egida del Coordinamento
Agromeccanici Italiani, a svolgere alcune considerazioni.
La politica comunitaria da anni ha posto al centro della sua
azione lo sviluppo ecosostenibile delle aree rurali, ispirandosi
al modello della “Green economy”, un nuovo modo di fare impresa
che pone l’uomo, e l’ambiente in cui viviamo, al centro
dell’attenzione.
Affinché questo modello di sviluppo possa abbinare alla compatibilità
sociale ed ambientale, quella competitività economica
che sta alla base dell’azione comunitaria, il ricorso alle
più moderne tecnologie è quanto mai indispensabile, evitando
pericolosi ritorni al passato.
In tale contesto, il contoterzismo svolge un ruolo cruciale, offrendo
servizi altamente tecnologici e rispettosi delle norme
ambientali, con l’applicazione di sistemi efficienti e competitivi,
per sostenere un sistema agricolo che fatica, per proprie
difficoltà strutturali e organizzative, a stare al passo coi tempi.
Il legislatore ha riconosciuto la funzione dell'impresa agromeccanica,
con la Direttiva 2009/128 e le sue declinazioni
nazionali (Pan), quale partner preferenziale delle aziende agricole,
ed in particolare di quelle meno strutturate, con compiti
di forte connotazione sociale.
D'altronde, il contoterzismo, e soprattutto la sua componente
professionale, ha conquistato negli ultimi anni una posizione
di primo piano nel settore primario: secondo l'Istat vi ricorre
in media un agricoltore su tre, per un totale di oltre 540.000
aziende agricole servite, con un fatturato stimato (Crea) di
quasi 3,8 miliardi.
Un terzo dei produttori agricoli affida completamente la gestione
aziendale al contoterzista, come sintetizzato dallo studio
tecnico economico elaborato da Nomisma nel 2014: lo share
sale all'87% per la raccolta dei prodotti agricoli, come evidenziato,
anche nei suoi riflessi ambientali e sociali, dallo studio
condotto da Frascarelli, Pisante e Stagnari nel 2016.
Le attività di raccolta riguardano in larga prevalenza cereali
e colture da granella, che costituiscono di per sé il 60% dei
seminativi, nonché vite, olivo e frutta a guscio, per la parte
meccanizzabile; nel settore delle colture portaseme, le imprese
agromeccaniche raccolgono la quasi totalità della superficie
investita (Istat, 2011). Secondo i dati Eurostat, aggiornati al
2013, la superficie media delle aziende agricole italiane si
aggira sui 12 ettari; si può conseguentemente affermare che la
superficie complessiva su cui agiscono, con diversa incidenza,
le imprese agromeccaniche ammonti a circa 6,5 milioni di ettari.
A questi vanno aggiunte le superfici condotte direttamente,
in forte crescita secondo Povellato et al. (Agriregionieuropa
n. 9/2013); fra questi e quelli gestiti per conto terzi in affidamento
completo, le imprese agromeccaniche hanno ormai
acquisito il controllo di quasi 2,8 milioni di ettari, pari al 40%
della Sau nazionale investita a seminativi.
Il contoterzismo è ormai divenuto parte integrante dello sviluppo
rurale, perché aiuta l'agricoltore a rispettare i parametri
della nuova Pac, garantendo un continuo apporto di innovazione
e di tecnologie avanzate: le tecniche di agricoltura
di precisione e conservativa, la tutela ambientale e la difesa
delle aree vulnerabili sono rese possibili proprio dalle imprese
agromeccaniche. Stupisce però che la percezione del fenomeno
sia incompleta o ignorata nei palazzi del potere: i criteri di
accesso ai fondi per lo sviluppo rurale discriminano fortemente
le imprese agromeccaniche, viste come estranee ai processi
produttivi agricoli, di cui sono invece parte integrante, assai
più dell’agroindustria che già gode dei benefici per lo sviluppo
rurale.
Pare assurdo che la distinzione, nell'era dell'informazione, sia
ancora legata a fattori soggettivi, come la posizione previdenziale
dell'imprenditore, e non all'attività oggettivamente svolta.
L'impresa agromeccanica, infatti, oltre a consentire alle imprese
il rispetto degli obiettivi primari posti dalle politiche agricole
comunitarie e nazionali – qualità, sostenibilità e competitività
– gioca anche un primario ruolo sociale, garantendo anche
alle imprese agricole meno strutturate di rimanere sul mercato
e di presidiare il territorio rurale.
Non chiediamo la luna: vogliamo solo che queste funzioni
siano riconosciute dalla politica e che possano godere delle
stesse opportunità che vengono concesse alle altre imprese
del settore primario, per consentire all'agricoltura italiana di
continuare ad avere una posizione primaria nel panorama
europeo e mondiale.