Scienza e politica confermano centralità agromeccanici nel settore primario

Il riconoscimento più ambito, per qualunque attività umana,
è quello che viene espresso da altri, perché se è legittimo
rivendicare i propri meriti, la considerazione altrui è
assai più appagante.
Nel mondo sindacale ci si trova spesso a lottare con altre organizzazioni,
ognuna delle quali vorrebbe essere riconosciuta
per ciò che vale e per ciò che hanno fatto, fanno o faranno
le entità rappresentate, siano esse imprese, privati cittadini o
istituzioni pubbliche. Come per altri settori questo desiderio di
riconoscimento porta ad una certa competizione: se questa
rimane nell’ambito della sana e libera concorrenza fra interessi
diversi o fra chi vuole essere percepito come più bravo,
bene, ma in certi casi degenera in una lotta che non esclude
i colpi bassi.
La nostra Confederazione, per esempio, ha avuto la ventura
di imbattersi in situazioni spiacevoli, create da personalismi
che non hanno esitato a mettersi contro il comune interesse
delle imprese agromeccaniche al solo scopo di guadagnare
un breve lampo di visibilità. Per vedere dove si va, o dove si
vuole andare, i lampi non bastano: ci vuole una luce piena
e costante, senza ombre e senza zone oscure, una luce
che scaturisce da un impegno cosciente e motivato, forte e
autorevole, corroborato dal continuo confronto con la base
associativa e con le istituzioni.
Questa è la sintesi di ciò che la Confederazione fa ogni giorno
e che traspare all’esterno: le voci contrarie, il partito preso, il
bastian contrario possono disturbare questa azione, possono
in qualche modo ritardare quei provvedimenti che la categoria
agromeccanica attende, ma non possono fermare un
processo già in corso.
E gli effetti si vedono, perché, come accennato poco fa, è
proprio il parere degli “altri”, cioè di coloro con cui la categoria
agromeccanica si confronta, a farci sentire apprezzati, rispettati
e considerati. Nel corso della settantasettesima assemblea,
tenutasi qualche giorno fa a Montegranaro (FM), non abbiamo
voluto vantare i nostri meriti, né come CAI Agromec, né come
imprenditori agromeccanici: sono stati i numerosi ospiti intervenuti
a riconoscere la validità della nostra opera e del nostro
ruolo. Qui sta il vero successo della manifestazione, che ha
visto avvicendarsi, sul palco e nella successiva tavola rotonda,

esponenti della politica e delle istituzioni, docenti universitari
e ricercatori, rappresentanti delle categorie sindacali della
filiera agricola e dell’indotto. Il messaggio unanime e concorde
è che le imprese agromeccaniche sono indispensabili
per l’agricoltura, non solo come fornitrici di servizi, peraltro di
altissimo valore tecnologico, ma anche come “trait d’union”
fra la ricerca e la sua applicazione pratica che si concretizza
nelle macchine e nella capacità di usarle bene.
Tale funzione, riconosciuta nel passato dagli economisti
agrari, che arrivarono a sostenere che se non fosse esistito,
il contoterzismo avrebbe dovuto essere inventato, si sta progressivamente
espandendo al processo decisionale politico
ed amministrativo.
Non sarà un cammino facile né scevro di ostacoli, ma la macchina
si sta finalmente mettendo in moto, grazie all’opera di
sensibilizzazione e di confronto avviata da CAI Agromec con
una classe politica sempre più attenta alle esigenze del mondo
produttivo e, in ultima analisi, della collettività.
Gli agromeccanici non possono più continuare a dividersi fra
categorie imprenditoriali diverse: lavorano in agricoltura ma
vengono considerati artigiani, con un’impostazione ancora
legata al soggetto piuttosto che all’oggetto dell’attività. Un
dilemma che per altre imprese di servizi è stato risolto da tempo,
riconoscendo a tutti coloro che operano in un contesto
l’appartenenza a quel determinato settore produttivo piuttosto
che alla generica attribuzione a categorie difficilmente classificabili:
si deve guardare a ciò che fa l’imprenditore e non a
chi è o può essere.
Al di là dell’azione sindacale in ambito legislativo, l’attuale
quadro amministrativo è concorde nell’attribuire all’impresa
agromeccanica prerogative tipicamente agricole, dal fatto di
potersi intestare i relativi macchinari al supporto fornito alla
produzione vegetale, dall’inquadramento del personale in
agricoltura all’ammissione al beneficio fiscale sui carburanti.
Manca però il completamento del processo di legittimazione
giuridica iniziato nel 2004, con la definizione dell’attività agromeccanica
insieme alle altre figure imprenditoriali agricole (fra
cui l’impresa professionale e le società agricole), e che avrebbe
richiesto ulteriori, semplici specificazioni.
I tempi sono maturati e l’impresa agromeccanica è stata riconosciuta,
da tutte le parti interessate come un pilastro fondamentale
della produzione agricola: ora manca davvero poco.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI