Tecnologia e professionalità delle imprese agromeccaniche per il rilancio dell’economia

Ridimensionati, grazie ai progressi della scienza medica, gli
effetti dovuti alla pandemia, l’anno appena scorso avrebbe
dovuto essere decisivo per il recupero della normalità e
della stabilità economica. Nonostante la tecnologia possa fare
miracoli, un suo impiego distorto può cambiare gli equilibri socio-
politici, come è accaduto con il conflitto fra Russia e Ucraina.
L’anno del rilancio, come sappiamo, ha dovuto essere rinviato e
lo scompiglio creatosi sui mercati sta mettendo a dura prova il
modello nato dai negoziati sul commercio mondiale, che aveva
sedotto in modo tanto invasivo la politica europea.
Di colpo ci siamo resi conto che il modello economico fondato
sulla globalizzazione ha i suoi punti deboli: come tutte le
convenzioni si fonda sullo scrupoloso rispetto delle regole e
sulla libera concorrenza, un concetto non così diffuso come
potrebbe sembrare. Nell’ultimo scorcio del Novecento, il crollo
del socialismo reale, con la sua rigida pianificazione dei bisogni
individuali e collettivi, non ha portato solo alla diffusione della
libertà e della democrazia, ma anche alla chiusura verso l’esterno,
a nuovi e più radicali nazionalismi e al protezionismo. Con le
recenti crisi internazionali, abbiamo scoperto che il mercato, per
essere davvero libero, non deve imporre limitazioni e costrizioni,
come quelle legate all’accesso alle materie prime.
L’Italia si è vista debole non solo sul piano delle scelte imprenditoriali,
ma anche su quello della politica estera e degli accordi commerciali
su forniture strategiche, come energia e materie prime.
Non è un caso che uno dei primi passi compiuti dal governo sia
stato quello di rimarcare, anche nel nome del dicastero agricolo,
il concetto della sovranità alimentare. Non si tratta, intendiamoci,
di un anacronistico ritorno all’indipendenza dai mercati e
all’autarchia, ma di una tutela di uno dei nostri cavalli di battaglia,
invidiato e imitato in tutto il mondo.
Le nostre eccellenze alimentari devono infatti essere tutelate
non solo nella loro integrità, quale prodotto, ma anche nel loro
legame con un territorio spesso avaro in termini quantitativi
quanto generoso nella qualità. Un collegamento che può essere
sostenuto solo difendendo le nostre produzioni agricole che,
grazie a tecniche di analisi sempre più evolute, consentono di
individuare con precisione la natura del terreno in cui la pianta è
stata coltivata, e che impone un deciso cambio di passo a tutta la
filiera produttiva. Basterebbe una semplice contestazione su un

prodotto acquistato presso la grande distribuzione, dalla cui analisi
emergesse che il “prodotto italiano” è stato in realtà preparato
con ingredienti non riconducibili al nostro territorio, per scatenare
una campagna mediatica capace di rovinare la nostra immagine
per anni. Poco conta se poi si riesce a identificare i colpevoli e
a punirli, anche in modo esemplare, perché la storia ci insegna
quanto sia difficile recuperare la fiducia, dopo averla perduta. Ancor
maggiore, come spesso si verifica, è il rischio della diffusione
di notizie diffamatorie, magari totalmente inventate, per la scarsa
diffusione di un sistema di tracciamento autorevole e credibile. In
realtà, le basi di questo sistema sono già state gettate, perché in
oltre 5 anni di incentivi 4.0 gli agromeccanici possono documentare
con precisione cosa realmente hanno fatto, consentendo di
identificare il produttore e la partita di prodotto trattato. La mole di
dati rilevata in questi anni, se correttamente gestita, potrà fornire il
supporto per una completa tracciabilità delle produzioni agricole
e, in attesa che la filiera si sia effettivamente attivata, per elaborare
un sistema informatico capace di sostenerla.
Con un supporto capace di gestire il grande volume di dati rilevati
giorno per giorno, azienda per azienda e anno per anno,
sarà possibile identificare ogni passo del processo produttivo dal
campo alla tavola. I dati raccolti, tutti in forma digitale, possono
infatti diventare la base per una “blockchain” certificata come
capace di tracciare ogni metro quadrato coltivato in Italia e
capace quindi di garantire l’origine del prodotto primario, dalla
semina alla raccolta, dalla prima trasformazione allo scaffale della
distribuzione. Le imprese agromeccaniche sono già protagoniste
di questo sistema, anche se per ora solo allo stato embrionale,
e dovranno pertanto essere riconosciute come tali, in quanto
capaci di certificare capillarmente il loro lavoro, rispettando i
requisiti di tracciabilità, tecnologia e professionalità.
Per sancire questo ruolo è necessario un riconoscimento ufficiale
da parte del legislatore, che CAI Agromec ha più volte proposto
nella forma di un Albo professionale degli agromeccanici, e
recentemente anche ai massimi vertici dello Stato. A questo
riconoscimento giuridico deve però fare seguito un’azione più
concreta, per completare il processo avviato dai crediti d’imposta
“4.0” ma ormai in fase di esaurimento, che dovrà prevedere fra i
beneficiari le imprese agromeccaniche, capaci di portare tecnologia
e innovazione nei processi agricoli.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI AGROMEC