Chi vuole delegittimare l’agricoltura?

La recente messa in onda, da parte di uno dei
colossi della grande distribuzione, di uno
spot sui metodi della produzione agricola,
poi rapidamente ritirato, pone diversi interrogativi
su come l’agricoltura sia percepita al di fuori
delle aree rurali.
Se richiamiamo alla mente l’assurdo fotomontaggio
dei trattori che avvolgono gli operai agricoli
con nubi dall’aspetto sinistro, o l’infelice paragone
con i carri armati di Piazza Tien An Men,
ci viene un dubbio: siamo proprio sicuri di avere
spiegato bene cosa facciamo in campagna?
Se infatti l’opinione pubblica – almeno quella
parte che si è espressa in rete dopo il discutibile
filmato – la pensasse davvero così, vorrebbe dire
che l’impegno profuso nelle innumerevoli campagne
di comunicazione ai consumatori non è
stato sufficiente.
Che dire allora del celebre conduttore televisivo
che, all’atto di ritirare un premio per il suo
impegno giornalistico, si è spinto ad affermare
che nella pianura padana il letame inquina più
del traffico e che la terra produce più particolato
(polvere) dei carburanti?
O, ancora, di quegli illustri esponenti politici con
responsabilità di governo che demonizzano il
motore Diesel – tuttora il più efficiente in termini
di CO2 prodotta – per giustificare dinanzi all’opinione
pubblica la proposta di sopprimere le agevolazioni
al gasolio agricolo?
Dispiace inoltre che il governo in carica si faccia
influenzare un po’ troppo da una certa frangia di
pseudo-ambientalisti, una condizione che produce
effetti negativi in tanti altri settori.
Per esempio, nella bozza di Piano per l’uso sostenibile
dei prodotti fitosanitari (PAN) si stabiliscono
distanze arbitrarie (fino a 20 metri) anche
per i fitofarmaci meno pericolosi, ivi inclusi quelli

i fitofarmaci meno pericolosi, ivi inclusi quelli
ammessi in agricoltura biologica.
Certe affermazioni sembrano essere dovute solo
a considerazioni di stampo ideologico, che non
tengono conto né delle regole di autorizzazione
dei prodotti fitosanitari, né del fatto che in altri
ambiti è ammesso l’impiego, da parte di soggetti
non formati, di prodotti ben più pericolosi.
Tutto questo con il risultato di delegittimare l’agricoltura
italiana – una delle più garantiste per
l’ambiente e la salute – accostandola a quella
di altri paesi privi di regole, diverse da quelle del
mercato, oltre che di ogni forma di tutela ambientale
e sociale.
Che siano eventi casuali, scollegati fra di loro?
Può essere, ma dato che si sono concentrati nello
stesso periodo, viene da pensare che derivino
da un’ideologia precisa, se non da un’unica regia,
decisa a screditare chi continua a credere in un
modo nuovo di fare agricoltura.
Potrebbe essere una reazione alle iniziative per
promuovere le filiere corte (come i “villaggi” di
Coldiretti), o all’apprezzamento riservato dai
consumatori all’etichetta di origine, al punto che
il mercato sta premiando chi impiega materie
prime di produzione nazionale.
L’agricoltura, anche in un’annata costellata di
eventi negativi – dal clima ai parassiti, o alle turbative
di mercato – sta manifestando con orgoglio
la propria identità; agricoltori e agromeccanici,
più che dolersi per com’è andata, stanno
finalmente cercando di tenere alta la testa.
Gli agromeccanici chiedono al governo la massima
attenzione, durante il processo legislativo,
per evitare di caricare con inutili balzelli proprio
le imprese più impegnate nel risparmio energetico,
nella salvaguardia ambientale, nella sicurezza
alimentare e nella compatibilità sociale.
Pensateci, basterebbe davvero poco.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI