Costi certi e prevedibili, le imprese agromeccaniche a difesa dei redditi agricoli

A meno di due mesi dalla consueta scadenza per l’invio
della domanda unica di contributo, il settore agricolo
si interroga su quelli che saranno gli effetti della nuova
Pac che, a forza di proroghe e ritardi, entrerà in vigore proprio
nel momento meno opportuno dal punto di vista politico,
economico e finanziario. Nonostante il budget comunitario
sia solo di poco inferiore rispetto al precedente, gli impegni di
carattere ambientale si accentuano, nell’ottica di produrre di
più e con meno risorse; ma se l’obiettivo politico è ambizioso,
la sua declinazione pratica pone sfide di difficile realizzazione.
Come si ricorderà, la riforma avrebbe dovuto partire dal 2021,
dopo essere stata sviluppata alla fine dello scorso decennio, che
aveva portato una notevole stabilità economica e monetaria
che aveva fatto dimenticare la crisi finanziaria dei primi anni
Duemila. L’ipotesi di dedicare maggior attenzione agli aspetti
ambientali non incuteva lo stesso timore di oggi, proprio perché
gli eventuali inconvenienti di carattere economico e organizzativo
parevano facilmente superabili. Nel volgere di pochi mesi,
quella che sembrava una locale epidemia influenzale si è tramutata
in una pandemia planetaria, con pesanti conseguenze
sull’economia; come se non bastasse, la crisi fra Russia e Ucraina
ha ulteriormente sconvolto gli equilibri mondiali. Nel frattempo
alcuni effetti del cambiamento climatico si sono manifestati con
particolare virulenza, come la perdurante siccità che ha colpito
non solo l’area mediterranea, ma anche la fascia temperata
padana, su cui si è inopinatamente abbattuta.
La saggia prudenza dei proverbi contadini, con le espressioni
derivanti dalle grandi carestie del passato, è tornata alla ribalta e
ci siamo resi conto di essere deboli ed impreparati non solo ad
affrontare i capricci del clima, ma anche le tempeste internazionali.
Nel contesto agricolo, la netta riduzione dei contributi
comunitari, che colpisce in misura maggiore proprio le aziende
più grandi, con realistiche prospettive di sviluppo e di marginalità
economica, viene a cadere in un periodo particolarmente pesante,
a dimostrazione che non tutto è prevedibile con certezza.
La riduzione delle superfici coltivate e la contrazione delle rese
unitarie sono state bilanciate solo in parte dall’aumento dei prezzi,
portando il disavanzo commerciale sui cereali – emblema sia
del “made in Italy”, sia della sicurezza alimentare – a livelli mai
raggiunti finora. Nonostante l’agricoltura italiana abbia ancora

tantissimi punti di forza, questi fenomeni perturbativi possono
indurre alla dismissione di settore fondamentali per il sostegno
delle nostre eccellenze alimentari. L’agricoltore avverte questo
disagio e benché l’ultima campagna abbia portato qualche
segnale incoraggiante grazie alla ripresa delle quotazioni, l’applicazione
della nuova Pac richiede un deciso cambio di rotta.
In primo luogo, gli investimenti dell’azienda agricola devono
privilegiare i settori realmente produttivi, nel senso che devono
garantire tempi brevi di ritorno economico: l’acquisto di macchinari
deve essere limitato a quelli destinati ad un impiego
frequente e continuativo nel corso dell’annata. Per tutto il resto ci
sono le imprese agromeccaniche, le uniche capaci di assicurare
un servizio di qualità a costi certi e facilmente prevedibili: è vero
che nell’ultimo anno la bolletta energetica è rincarata, ma non
da mettere in crisi il bilancio aziendale, grazie alle economie di
scala che solo uno specialista può realizzare. Il vantaggio infatti
non finisce qui, perché tutti coloro che dovranno cambiare
indirizzo produttivo, per passare, per esempio, alle lavorazioni
conservative, non saranno rallentati dalla necessità di completare
l’ammortamento dei macchinari divenuti obsoleti, ma
possono adottare da subito i nuovi criteri.
La flessibilità consentita dal ricorso al contoterzismo, piuttosto
che alle risorse proprie, è immediatamente visibile sul piano professionale,
perché se è vero che ci vuole poco a cambiare una
macchina, assai più lunghi sono i tempi di formazione del personale
addetto. Non bisogna inoltre dimenticare che nell’ambito
dello stesso indirizzo colturale, le lavorazioni per conto terzi conseguono
sempre un significativo risparmio sul piano energetico,
al quale corrisponde un minore impatto ambientale, certificato
dallo studio recentemente condotto dall’Università di Milano.
In sintesi, le imprese agromeccaniche possono aiutare l’agricoltura
italiana ed europea a vincere le sfide imposte dalla nuova
politica comunitaria, rendendo compatibile l’incremento quantitativo
e qualitativo delle rese, con l’aumento dell’efficienza dei
mezzi tecnici e la salvaguardia delle risorse naturali. Lo possono
fare o lo stanno facendo, anche se questo lavoro non ha finora
trovato adeguato riconoscimento sul piano normativo: qualche
Regione ha intrapreso un cammino piò coraggioso, con l’istituzione
dell’Albo delle imprese agromeccaniche, ma resta ancora
tanto lavoro da fare, in ambito sia regionale che nazionale.

• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI AGROMEC