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Negli ultimi anni i vari governi che si sono succeduti alla
guida del Paese hanno dato un’immagine poco incisiva
della politica, non tanto per i numerosi obiettivi non realizzati,
quanto per il contrasto fra il peso e le capacità mostrate
dai “tecnici” – talora di livello internazionale – rispetto ai politici
di professione. Una delusione per gli elettori, che hanno battuto il
record (negativo) di partecipazione al voto, con un’affluenza che
dovrebbe fare riflettere assai più dell’avvicendamento risultante
dalla conta dei voti. Di sicuro ha pesato anche la consapevolezza
– da parte di coloro che vedono sempre più in bilico i bilanci
aziendali o familiari – che i discorsi dei politici stanno dimostrando
l’esistenza di una profonda frattura fra la gente comune e la
classe dominante.
Che l’Italia si trovasse in un periodo di importante difficoltà la
maggioranza della popolazione lo aveva già avvertito da tempo,
e le pur giuste battaglie civili proposte da alcuni partiti sono passate
in secondo piano rispetto ad esigenze più pressanti, legate
alla sicurezza energetica, alimentare ed economica. Sull’energia
pagheremo le conseguenze della scarsa diversificazione delle
fonti, sostenuta da calcoli di corto respiro; sull’agricoltura, della
mancanza di qualsiasi programmazione; sul piano economico
delle eccessive aspettative sulla disponibilità di fondi comunitari,
che altri paesi avevano invece sdegnosamente respinto. Gli italiani
hanno bisogno di ritrovare dignità come Nazione, di tornare
ad essere rispettati come un popolo laborioso e civile, di essere
tutelati di fronte alle tante incertezze nelle quali ci ha spinto la globalizzazione.
Il libero mercato è tale solo se veramente libero: ma
se dipende da capricci strategici o neoimperialisti da parte delle
grandi potenze economiche, non è la soluzione migliore, specie
in situazioni di crisi che possono ridurre i flussi commerciali, con
le conseguenti impennate dei prezzi.
Una situazione davvero difficile, che crea innumerevoli incertezze
e che richiede, prima di tutto, di ricucire lo strappo creatosi fra il
Paese reale e chi lo governa. Per la prima volta nella storia della
Repubblica abbiamo un ministero dedicato alla sovranità alimentare,
così come per la prima volta abbiamo a capo del governo
una donna, arrivata fin là grazie ai propri meriti e non con artifici
ideologici come le “quote rosa”, che offendono oltre metà della
popolazione. L’affluenza alle urne, così come il ribaltamento
dell’asse politico, dicono con chiarezza che gli elettori non si
lasciano prendere in giro e che bisogna che anche i politici di
professione imparino a tenerne conto. Il deciso rinnovamento
delle Camere sembra offrire un’opportunità a chi ha sempre creduto
nelle politiche di sviluppo, più che in quelle assistenziali: se la
volontà di cambiare è sincera – come crediamo che sia – si possono
aprire nuove prospettive anche per l’imprenditoria italiana.
Le imprese agromeccaniche hanno già chiesto al ministro
Lollobrigida un incontro per fare conoscere il loro lavoro ed il
loro impegno costante per garantire alle imprese agricole sostenibilità
a 360 gradi: da quella ambientale ed energetica a quella
agronomica. Un’azione già avviata nella fase preelettorale con i
candidati dei principali schieramenti e che parte dalla definizione
dell’attività agromeccanica, stabilita già nel 2004 con le norme
di applicazione della “legge di orientamento”, ma non ancora
del tutto completata nel collegamento alle altre leggi speciali.
Tale processo è infatti intimamente collegato con l’istituzione
dell’Albo nazionale di categoria, con lo scopo di stabilire requisiti
professionali mirati alla certificazione delle attività svolte, ai fini
della tracciabilità all’interno della filiera.
Grazie alla qualificazione professionale dell’agromeccanico ed al
suo pieno riconoscimento nel processo di produzione primaria
sarà possibile includere le imprese che possiedono i requisiti
prescritti fra i beneficiari delle provvidenze comunitarie, con
particolare riguardo alla innovazione nel settore della meccanizzazione.
Il riconoscimento degli agromeccanici all’interno
della filiera agroalimentare, quale supporto alla produzione primaria,
alla raccolta e alle lavorazioni successive, aprirà la porta
all’inserimento nei relativi progetti di filiera quale parte attiva del
processo, e non come semplici comprimari. Per raggiungere
questi obiettivi è fondamentale che il nuovo governo, attraverso
le sue varie articolazioni, avvii una fattiva concertazione con CAI
Agromec, che potrà evidenziare tutti i benefici che gli agromeccanici
possono determinare su ambiente e sviluppo sostenibile.
Un’azione che ad esempio potrà portare ad una proroga al 2023
del credito d’imposta al 40% per i beni rientranti nella Transizione
4.0, così da non interrompere il processo in corso di diffusione
delle nuove tecnologie in ambito agricolo, e non solo.
Nel formulare al nuovo esecutivo i migliori auspici, gli agromeccanici
sono pronti ad assicurare la loro opera per consentire all’agricoltura
italiana di affrontare al meglio le sfide del futuro.
• Gianni Dalla Bernardina
Presidente CAI AGROMEC