Innovazione, modernità, sostegno alla sostenibilità e percorso di filiera: così gli agromeccanici parlano alla società civile

Come sempre, partirei dalla cronaca. Questa volta politica.

Lo scorso 4 marzo abbiamo assistito a un’ottima

prova di democrazia. Rispetto alle attese, con la paura

dell’astensionismo alla vigilia delle urne, devo riconoscere

che gli italiani si sono dimostrati all’altezza dell’appuntamento.

L’affluenza di oltre il 70% degli aventi diritto al voto è stata

una certificazione di maturità che non era così scontata. Non

commenterò, invece, gli esiti delle urne. Per due motivi: il primo

è che Cai è assolutamente apartitica; il secondo è che,

mentre mi accingo a scrivere l’editoriale, nulla è ancora stato

dipanato.

In attesa di conoscere chi avrà l’onere e l’onore di formare il

nuovo governo, la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori

Italiani chiede stabilità e attenzione all’agricoltura. Sono

molti i nodi ancora irrisolti e non vorremmo correre il rischio

di avere una rappresentanza debole in questa fase in cui il

negoziato sulle risorse della Politica agricola comune post

2020 sta entrando nella fase cruciale. Sarebbe spiacevole dover

subire le decisioni del solito asse franco-tedesco, al quale

abilmente hanno saputo unirsi in passato Polonia e Spagna,

competitor diretti del nostro Made in Italy.

Quello che è certo è che è finita una campagna elettorale dai

toni molto spesso sopra le righe e ora si può (meglio: si deve)

iniziare a lavorare. Magari facendo chiarezza con un coacervo

di leggi che rimangono sospese nella loro applicazione o che

– è il caso della norma sulla revisione obbligatoria dei mezzi

agricoli – andrebbero abolite o rimodulate per evitare che

un principio corretto come quello della sicurezza sul lavoro si

trasformi in un concetto confinato al mondo dell’iperuranio.

Il sequestro di un trattore immatricolato prima del 1973 nel

Vicentino credo sia il sigillo del nonsenso che caratterizza in

maniera lampante la burocrazia di casa nostra.

In Italia, così come in Regioni strategiche come il Lazio e, ancor

di più, la Lombardia, le raccomandazioni ai futuri assessori

all’Agricoltura, chiunque essi saranno, si ispirano come sempre

al buon senso e all’equità, principio che la Costituzione

italiana garantisce e che purtroppo riscontriamo sovente disapplicato,

quando si parla di trattamenti verso agricoltori e

agromeccanici, magari nelle stesse materie.

Agromeccanici, già. Sempre più spesso, nelle assemblee provinciali

alle quali partecipo in tutta Italia, mi viene chiesto

di preferire questo termine. Nessuno vuole abbandonare la

parola “contoterzista”, anche perché dovremmo cambiare il

nome di una testata prestigiosa come quella sulla quale sto

scrivendo, ma il segnale credo sia inequivocabile: la categoria

ha finalmente raggiunto la consapevolezza del proprio ruolo,

legato all’innovazione, alla modernità, alla responsabilità di

un percorso verso la sostenibilità che accontenta la filiera, dal

produttore al consumatore e che – inevitabilmente – passa

attraverso le soluzioni ultra-moderne delle imprese agromeccaniche,

alle quali dobbiamo anche riconoscere una nuova

terminologia.

In effetti, e per fortuna, il nostro settore si è evoluto, fino al

punto che oggi in molti casi l’imprenditore agromeccanico

è diventato un consulente a 360 gradi dell’imprenditore agricolo.

Logica conseguenza di un trend ormai consolidato che

vede diminuire le aziende agricole e aumentare le realtà che

offrono servizi specializzati e assistenza globale, anche attraverso

contratti di gestione pluriennali.

Questo percorso legittima le nostre imprese agromeccaniche

a esprimere anche a livelli istituzionali la loro idea di come

intendono l’agricoltura italiana del futuro, che inevitabilmente

dovrà continuare a garantire un alto tasso di valorizzazione

del prodotto, se vuole continuare ad essere competitiva su

scala internazionale.

Le opportunità non mancano e si è visto chiaramente all’ultima

edizione di Fieragricola di Verona (per noi un grande successo),

dove Cai e Storti hanno presentato in via sperimentale

il servizio di gestione della razione alimentare per i bovini

da carne attraverso un carro unifeed in grado di servire più

aziende. In Olanda è ormai una consuetudine, in Italia speriamo

lo diventi, anche perché, ancora una volta, il ricorso a

servizi in outsourcing permetterebbe alle imprese agricole di

risparmiare tempo e denaro, senza per questo rinunciare alla

professionalità.

Anche il decreto sul biometano potrebbe aprire nuovi scenari

per le imprese agromeccaniche. Le potenzialità per crescere

ci sono. Secondo Coldiretti l’Italia potrebbe produrre fino a

8 miliardi di metri cubi entro il 2030. È una filiera nuova, alla

quale guardiamo con interesse.

• Gianni Dalla Bernardina

Presidente CAI