CONCLUSO DA DE CASTRO IL CONVEGNO SULLE AGROENERGIE DI PISA - n.

Comunicato n. 

[jst][u][b]L’AGROENERGIA PUO’ ESSERE UNA NUOVA OPPORTUNITA’ PER GLI AGRICOLTORI. È QUANTO EMERSO DAL CONVEGNO DELL’UNIONE SU QUESTO ARGOMENTO DI SCOTTANTE ATTUALITÀ. [/b] [/u] “Energia: una nuova frontiera per gli agricoltori?”. Questo l’interrogativo che si sono posti la Confagricoltura di Pisa e della Toscana che hanno realizzato, in collaborazione con AEMA-Unima di Pisa, un convegno finalizzato a valutare se l’agroenergia possa rappresentare per il settore agricolo una possibile fonte di reddito. Accanto a Pier Antonio Zalum (presidente degli imprenditori agricoli pisani) e Federigo Federighi (presidente degli agricoltori toscani) e ai presidenti nazionale e regionale dell’Unima: Aproniano Tassinari e Loreno Catassi, sono intervenuti fornendo un qualificato contributo tecnico, il Prof. Enrico Bonari, Vice direttore della Scuola superiore S.Anna e il Dott. Renato Vicentini, Amministratore Delegato della società Vecentini Ambiente Srl. [i]«Nel 2005, quando sono stato nominato presidente dell’Unione Agricoltori di Pisa[/i] – ha sostenuto Zalum - [i]mi sono posto come ulteriore obiettivo la ricerca di individuare soluzioni per utilizzazioni alternative per le nostre produzioni oggi fortemente penalizzate dal mercato. La già critica situazione economica delle nostre aziende si è ancora di più aggravata e, all’inizio del 2006 abbiamo subìto la riforma dell’OCM zucchero, che di fatto ha cancellato la coltivazione della barbabietola nell’intero territorio toscano, con un danno economico per il territorio pisano rilevantissimo. L’obiettivo che mi ero posto è diventato quindi ancora più pressante».[/i] A rappresentare le Istituzioni locali erano presenti il Presidente della Camera di Commercio di Pisa, che ha ospitato il convegno, Dott. Pierfrancesco Pacini ed il Vice Presidente della Provincia di Pisa, Giacomo Sanavio, che nel loro intervento di saluto, hanno confermato la disponibilità dei rispettivi Enti a collaborare fattivamente e concretamente a sostegno degli interessi del settore. L’assessore regionale all’agricoltura, Susanna Cenni, con il suo intervento molto articolato ha illustrato la politica che la regione sta portando avanti in tema di agroenergia, con importanti puntualizzazioni che hanno in particolare interessato il progetto di riconversione dello zuccherificio di Castiglion Fiorentino. Il tema delle agroenergie come possibile sbocco del comparto agromeccanico nel territorio toscano è da anni di grande interesse per Unima e per le sue componenti locali, come si è evinto dall’intervento di Loreno Catassi, del quale riportiamo il testo integrale: [i]«La nostra associazione, alla ricerca di nuove opportunità, ha organizzato per i propri soci una serie di viaggi per conoscere la realtà imprenditoriale dei contoterzisti degli altri paesi europei. E’ ormai il terzo anno consecutivo che ci rechiamo in paesi a noi vicini incontrando operatori del luogo. Questi imprenditori si sono dimostrati una valida fonte di informazioni utili per valutare reali possibilità che si potrebbero aprire per le nostre imprese. Nell’ottobre 2004 ci siamo recati in Germania e, visitando le aziende dei colleghi contoterzisti tedeschi, in una di esse abbiamo preso visione del primo impianto di produzione di biogas. Era un impianto in corso di ultimazione e di perfezionamento ma già in grado di fornire dei parametri che meritavano attenzione. Gli imprenditori presenti hanno mostrato interesse e raccolto il maggior numero di informazioni possibili. Al rientro ci siamo incontrati per riflettere ed e’ stata anche l’occasione per programmare il viaggio successivo concentrando la nostra attenzione su questo particolare settore produttivo. Il paese nel quale e’ più sviluppata la produzione di agroenergie e’ l’Austria ed e’ proprio li che ci siamo recati nell’ottobre 2005, quando abbiamo visitato impianti di biogas in attività da tempo, altri attivi da poco e altri ancora in fase di ultimazione. Tutte aziende dove erano presenti allevamenti animali e che dovevano risolvere il problema dello smaltimento dei liquami. Il nostro interesse e’ andato anche alla produzione di cippato che un contoterzista austriaco forniva per riscaldare una bellissima abbazia. I frati erano però proprietari di 4.000 ettari di bosco. Un impianto che ci ha particolarmente colpito e’ stato quello dove un agricoltore-allevatore austriaco produceva, con una semplicissima pressa a vite, olio vegetale da semi di girasole e di colza. La produzione di olio vegetale da “girasole”, prodotto che rende tipico il nostro paesaggio, ci e’ sembrata una valida opportunità dato anche il ridotto investimento finanziario che questo richiede. E’ stato però sufficiente leggere attentamente la legge del nostro paese per renderci immediatamente conto che l’uso dell’olio vegetale sconta il grosso problema dell’accisa. Siamo da poco tornati dal nostro ultimo viaggio: la svizzera. Durante il viaggio di andata la nostra prima tappa e’ stata la visita di un impianto di biogas installato in una azienda della provincia di Cremona gestita da un agricoltore allevatore di 1000 bovini da latte. Proseguendo abbiamo incontrato un contoterzista di Como che presta il servizio di fornitura a domicilio di calore da riscaldamento. Questo tipo di servizio gli consente di aggiungere valore alla scarsa remunerazione che deriva dalla sola produzione di cippato. Nei pressi di lucerna abbiamo visitato un impianto di biogas da 250 kw installato in un allevamento di suini e in collegamento con altri allevamenti del comprensorio mediante una rete interrata di condotte per il liquame, mentre il letame viene trasportato su strada con i carri. Una convinzione ce la siamo fatta: l’agricoltura e le aree rurali rappresentano un buon “giacimento” di fonti energetiche e i prodotti e i sottoprodotti dell’attività agricola e forestale possono dare il loro contributo alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Per fare ciò, l’agricoltore dovrà prioritariamente chiedersi quali sono i fabbisogni energetici aziendali e successivamente valutare la fonte energetica presente e disponibile in azienda o nelle immediate vicinanze al fine di scegliere la giusta dimensione dell’impianto e garantirne la massima efficienze e resa economica e, infine, chiedersi chi nelle immediate vicinanze, possa comprare l’energia da lui prodotta e quanta parte di essa. Il girasole, oltre ad essere una coltura tipica del paesaggio toscano, e’ attualmente una valida alternativa agli avvicendamenti colturali che in precedenza venivano fatti con la barbabietola da zucchero. Può anch’esso essere utilizzato a fini energetici, ma se non verranno adottati provvedimenti atti a contenere la presenza dei piccioni che rappresentano una vera e propria “calamità”, gli agricoltori saranno costretti ad abbandonare questa coltivazione con ripercussioni negative per tutto il comparto. Attualmente stiamo riflettendo su quanto visto alla ricerca di eventuali possibili alternative per il nostro settore che con la vicenda della riforma OCM zucchero ha subito una forte contrazione. Anche la riforma della PAC ha comunque causato una forte riduzione della nostra attività in quanto gli agricoltori hanno optato, soprattutto nelle zone marginali, per il set a-side. Non possiamo qui tralasciare di parlare della nota vicenda dello zuccherificio di Castiglion Fiorentino, Attendiamo con ansia di conoscerne la sorte ed approfittiamo della presenza di autorevoli esponenti del mondo politico per ribadire quello che la nostra organizzazione va sostenendo da tempo: la distanza dello stabilimento non diminuirà se anziché consegnare barbabietola da zucchero, gli agricoltori consegneranno biomasse o semi di girasole per la produzione di olio vegetale. Mi avvio a concludere convinto che per sviluppare nuove idee bisogna conoscere la realtà e per fare ciò occorre viaggiare, per valutare le opportunità che possono derivare da nuove iniziative occorre saper fare i conti e sapere individuare i giusti parametri che ne determinano l’effettiva convenienza, che ci può essere in un luogo e non in un altro. Anche il legislatore riveste però un ruolo determinante nell’aprire o impedire il nascere di nuove attività. Mi auguro perciò che da questo incontro possano emergere certezze per il nostro futuro ed un incoraggiamento per la prosecuzione del nostro faticoso cammino».[/i] Un intervento di più ampio respiro (di seguito riportato integralmente) è stato quello di Aproniano Tassinari, presidente UNIMA: [i]«L’80% circa dell’energia consumata nell’UE deriva dai combustibili fossili: petrolio, gas naturale e carbone. Di questa percentuale, una parte considerevole, in costante aumento, proviene da paesi terzi. La dipendenza dalle importazioni di petrolio e di gas, che attualmente è del 50%, potrebbe salire al 70% di qui al 2030. L’UE deve, inoltre, ridurre il consumo di combustibili fossili per invertire la tendenza al riscaldamento globale e rispettare gli impegni sottoscritti nell’ambito del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici, l'aumento del prezzo del petrolio e i timori per le forniture future hanno incentrato sempre di più l'attenzione sulle potenzialità offerte dall’impiego delle biomasse per la produzione di energia. Nel dicembre 2005 la Commissione europea ha adottato un Piano d'azione (Biomass Action Plan) finalizzato ad aumentare l'impiego di fonti energetiche ottenute da materiale forestale, agricolo e di scarto. In particolare, i biocarburanti, ricavati dalla biomassa, rappresentano un sostituto diretto dei carburanti tradizionali – benzina e gasolio - e possono essere integrati rapidamente nei sistemi di distribuzione. Nonostante il costo di produzione e quello al consumo dei biocarburanti siano, in generale, ancora più elevati di quelli dei combustibili fossili, il loro utilizzo è in aumento in tutto il mondo. Grazie alla spinta di misure politiche e strategiche, la produzione mondiale di biocarburanti è oggi stimata a oltre 35 miliardi di litri. La direttiva sui biocarburanti del 2003 sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti ha stabilito obiettivi indicativi per gli Stati membri. Per contribuire a realizzare l'obiettivo fissato per il 2010 – cioè il raggiungimento di una quota di mercato del 5,75% di biocarburanti rispetto all’approvvigionamento complessivo di carburanti del settore dei trasporti – la Commissione europea ha adottato una Strategia per i biocarburanti che si sviluppa attorno a sette direttrici politiche: incentivare la domanda di biocarburanti; sfruttare i vantaggi ambientali; sviluppare la produzione e la distribuzione di biocarburanti; ampliare le forniture di materie prime; potenziare le opportunità commerciali; sostenere i paesi in via di sviluppo; sostenere la ricerca e lo sviluppo. Tra le altre attività del 2006 figurano il riesame della direttiva sui biocarburanti e un'eventuale revisione del testo, una proposta di riesame della direttiva sulla qualità del carburante e, in particolare, per quanto ci riguarda direttamente, il riesame dell'attuazione del premio per le colture energetiche introdotto dalla Riforma della PAC del 2003. Il 22 settembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta intesa a promuovere il ricorso a questo regime di aiuti per le colture energetiche e in particolare ad estenderlo ai nuovi Stati membri Per quanto riguarda specificatamente la situazione italiana, nonostante gli intenti dichiarati, le disposizioni attese per incentivare la produzione di biocarburanti sono quantomeno contraddittorie. La Finanziaria 2007, infatti, prevede lo slittamento dell’obbligo per i produttori di carburanti di immettere in consumo un percentuale minima di biocarburanti dal 1° luglio 2006 al 1° gennaio 2007 (anche se l’obbligo scatterà realmente solo a partire dal 1° gennaio 2008 e si avrà tempo fino al 31 dicembre 2008 per rientrare completamente nei parametri della legge). Tuttavia, la quota minima di partenza da immettere sul mercato viene alzata dall’1%, previsto dal vecchio quadro normativo, al 2,5 % di tutto il carburante - benzina e gasolio - immesso in consumo nell’anno precedente. Inoltre, dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione per autotrazione, viene nuovamente sottoposto ad accisa, seppur ad aliquota ridotta, determinata come percentuale dell’accisa sul gasolio per autotrazione. Tale accisa ridotta sarà limitata ad un contingente annuo che crescerà in funzione dell’aumento progressivo dell’accisa stessa. Per il primo anno, l’accisa è fissata al 20 % di quella che grava sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Va ricordato, peraltro, che, secondo quanto stabilito dalla Legge 266/2005, la produzione e cessione di energia effettuate da imprenditori agricoli rientrano pienamente nella definizione di “attività connesse” e sono, pertanto, tassate in base al reddito agrario. L’utilizzo delle biomasse a scopi energetici avviene in filiere nettamente distinte per materia prima e prodotto finale: Energia elettrica/termica – colture ligno-cellulosiche che, attraverso combustione, massificazione o pirolisi, vengono trasformate in biocombustibili atti a generare energia elettrica e/o termica. Si utilizzano specie erbacee (sorgo, panicum, canna comune, ecc.) o arboree a ciclo breve (pioppo, eucalipto, ecc.). La produzione di energia elettrica ha rendimenti molto modesti (25-30 %) che aumentano notevolmente con la contemporanea produzione di calore (cogenerazione) o anche di calore e frigorie (tri-generazione). Il problema principale è costituito dagli alti costi di trasporto e stoccaggio. Biodiesel – utilizzabile per riscaldamento e/o come carburante per autotrazione, puro o miscelato con gasolio minerale. L’innovazione tecnologica consente oggi, infatti, di produrre non solo autoveicoli (es. Fiat e Magneti Marelli) ma anche trattrici agricole (es. Same-Deutz, New Holland, ecc) alimentabili fino al 100% con biodiesel. Attualmente la produzione di biodiesel non risulta ancora competitiva rispetto al gasolio di origine fossile. Tuttavia, la differenza di redditività tra biodiesel e gasolio potrebbe ridursi notevolmente, incrementando la produttività e riducendo i costi colturali. Le principali colture utilizzate allo scopo sono girasole, colza e soia. Bioetanolo – consiste nella fermentazione aerobica e distillazione di biomasse vegetali zuccherino amilacee. Il prodotto è utilizzato nell’autotrazione sia tal quale sia in miscela con la benzina. Le colture più idonee alla produzione di bioetanolo sono cereali vernini, mais, barbabietola da zucchero e sorgo zuccherino. Biogas – è destinato alla produzione di calore ed elettricità. Si ottiene con fermentazione anaerobica di materiali organici (es. liquami derivanti dall’attività zootecnica). A questi può essere aggiunta una quota di biomassa zuccherino-cellulosica (es. insilati di mais, ecc) per aumentarne la resa. Il panorama delle agroenergie è poi ancor più variegato a seconda delle dimensioni assunte dalla filiera stessa. si passa, infatti, da piccoli impianti aziendali per l’autoproduzione di elettricità e calore fino ad arrivare a veri e propri impianti industriali capaci di produrre centinaia di tonnellate di biodiesel al giorno o distribuire elettricità da biogas in vaste aree. Allo stato attuale, l’Italia si trova in una situazione di forte ritardo rispetto agli obiettivi fissati dall’UE (la quale ha aperto un procedimento d’infrazione nei suoi confronti). Il problema maggiore per la diffusione delle agroenergie risiede nella scarsa competitività nei confronti delle tradizionali fonti di energia. Al fine di rendere possibile l’avvio delle diverse filiere agroenergetiche, è certamente necessario l’intervento delle Istituzioni attraverso agevolazioni ed incentivi. Tuttavia, i sostegni previsti al momento sono insufficienti se non affiancati da un progressivo incremento della competitività reale del comparto. I 45 €/ha, previsti dalla PAC, non sono stati, infatti, un reale incentivo per l’impianto di colture energetiche in Italia. L’efficienza del processo produttivo è raggiungibile solo attraverso un continuo ed organico coinvolgimento dei diversi attori della filiera, nessuno escluso, e mediante un utilizzo razionale dei mezzi di produzione al fine di ridurre al minimo i costi. Dall’esempio di altri paesi all’avanguardia nel settore (p.e. Brasile, Argentina) possiamo notare come sia essenziale un’attenta gestione del lavoro e delle macchine insieme ad un piano razionale degli investimenti. Alla luce delle brevi considerazioni fatte, è comprensibile come il ruolo delle imprese agromeccaniche sia destinato ad essere di assoluto rilievo nel settore agroenergetico. Tali imprese offrono, infatti, un’elevata specializzazione dei servizi, la possibilità di utilizzare tecnologie all’avanguardia, la tempestività d’intervento, accanto ad un netto risparmio negli investimenti iniziali e un minor costo di gestione a livello della singola impresa. Considerando, poi, le norme della condizionalità, fissate dalla nuova PAC, la necessità di rotazioni (essenziali per esempio nel caso delle oleaginose) e la diversificazione delle tecniche colturali, l’impresa agricola, affidandosi ad un’impresa agromeccanica, può mantenere la necessaria elasticità strutturale avendo la possibilità di variare facilmente tipo di lavorazioni di anno in anno o addirittura il proprio indirizzo colturale, non essendo condizionata da vincolanti investimenti iniziali. L’importanza dell’intervento degli agromeccanici aumenta nel caso di produzioni diffuse a livello comprensoriale per le quali si richiedono i medesimi interventi e lavorazioni all’interno di un territorio più ampio, consentendo un ulteriore abbattimento dei costi. L’impresa agromeccanica può intervenire, con un notevole risparmio per le aziende agricole, in numerose fasi del processo produttivo come la lavorazione del suolo, la semina e la concimazione ma soprattutto durante la raccolta, la conservazione, lo stoccaggio, il pretrattamento dei prodotti e il loro conferimento agli impianti di trasformazione delle materie prime. Il contoterzista può, infine, proporsi anche come gestore di impianti di medie dimensioni per la produzione di energia elettrica e/o termica o di biocarburanti, offrendo la possibilità all’agricoltore di trasformare la propria biomassa in prodotto energetico che l’impresa agricola potrà destinare all’autoconsumo o alla vendita. Lo sviluppo del comparto agroenergetico non deve, peraltro, far dimenticare ed abbandonare la principale vocazione a cui è chiamata l’agricoltura, ossia quella di produrre generi alimentari per il sostentamento dell’uomo. Sarebbe un controsenso ridurre la dipendenza dell’UE nel comparto energetico ed, invece, aumentarla in quello agroalimentare, che, è bene non dimenticarlo, rappresenta uno dei settori strategici e di maggior rilievo, in particolare per l’agricoltura italiana. Le colture energetiche potranno, invece, occupare fruttuosamente le aree marginali, con vantaggi anche dal punto di vista idrogeologico ed ambientale. Ed anche in questo caso le imprese agromeccaniche potranno offrire la propria tecnologia e la propria competenza in zone dove è ancor più difficile investire in macchinari specifici e difficilmente ammortizzabili. A questo punto bisogna, tuttavia, sottolineare che il vivace dibattito ed il grande interesse suscitati, a livello nazionale, dall’argomento “agroenergie”, potrebbero nascondere un grave rischio per l’agricoltura italiana, ed, in particolare, nei riguardi della categoria degli imprenditori agromeccanici. Il rischio sarebbe quello di creare grandi aspettative, per quanto riguarda il settore agroenergetico, alle quali poi non facciano seguito idonei interventi legislativi che provvedano a regolare la materia in maniera organica e a sostenere i vari soggetti della filiera per assicurare a quest’ultima un reale decollo. Tale pericolo riguarda, in modo particolare gli imprenditori agromeccanici, i quali, proprio per le caratteristiche intrinseche della propria attività, sono chiamati a fare gli investimenti più pesanti e ad interpretare correttamente le tendenze del mercato. Si rende necessario, pertanto, la creazione di un quadro normativo preciso, che ricomponga in sé tutte le disposizioni riguardanti la materia, finora affidata a leggi finanziarie che cambiano le carte in tavola di anno in anno e non si basano su ottiche pluriennali e su di una reale programmazione. Le nostre perplessità sono del resto giustificate, se si guarda alla distanza, che, proprio nel comparto delle agroenergie, separa l’Italia dagli altri partner europei. Lo scorso anno su 560mila ettari ammessi all’aiuto previsto dalla riforma PAC, la Germania ne ha coltivati 240mila, la Francia 136mila, la Spagna 27mila ma entrambi hanno importanti progetti di espansione, mentre il nostro paese di ettari ne ha coltivati appena 300. Oltre ad una politica organica sulla materia, è indispensabile che la filiera agroenergetica coinvolga realmente tutti i soggetti operanti in essa. Bisogna evitare, infatti, che le imprese agromeccaniche, alle quali viene giornalmente richiesta la fornitura di macchine e servizi per le aziende agricole, non vengano poi coinvolte, in modo organico, nei tavoli di filiera, come verificatosi in passato in altri settori produttivi. Facendo riferimento alla moderna concezione di agricoltura proposta dalla nuova PAC, è possibile, infine, prevedere un’ulteriore opportunità di sviluppo per le imprese agromeccaniche operanti nel comparto agroenergetico. I nuovi Piani di Sviluppo Rurale, che sono in fase di elaborazione a livello delle singole entità regionali, dovrebbero contenere, infatti, aiuti ed incentivi specifici per questo tipo d’impresa. Eventuali finanziamenti per facilitare gli investimenti iniziali e aiuti per sostenere i singoli servizi forniti agli agricoltori, sarebbero una misura importante con benefici riflessi su tutto il settore. Il sostegno degli agromeccanici si traduce sempre in grossi vantaggi anche per le imprese agricole che possono evitare onerose immobilizzazioni di capitale ed avere a disposizioni macchine tecnologicamente avanzate e servizi offerti a prezzi sicuramente competitivi».[/i] Un intervento di notevole spessore è stato anche quello di Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, che si è detto convinto delle potenzialità del settore agroenergetico come alternativa al sistema colturale agroalimentare. E’ in questa ottica che si guarda con attenzione alla nuova Finanziaria 2007, però sollecitando una serie di emendamenti: favorire l’impiego dell’olio vegetale nell’ambito dei sistemi produttivi agricoli e riformare il sistema dei “certificati verdi”, al fine di favorire effettivamente le fonti energetiche rinnovabili e, fra queste, le biomasse agroforestali, specie se utilizzate in contesti territoriali. Confagricoltura ricorda che la Finanziaria ha dato un nuovo impulso ai biocarburanti, mediante l’aumento a 250.000 tonnellate del contingente di biodiesel defiscalizzato (senza aggravi finanziari, dato che l’agevolazione viene ridotta dal 100 all’80%), la conferma del fondo per la defiscalizzazione del bioetanolo ed un’applicazione rafforzata della legge 81/06, per l’immissione al consumo dei biocarburanti. Come organizzazione, Confagricoltura auspica inoltre un pacchetto di azioni robuste, sull’energia da biomasse, per fornire agli agricoltori alternative alle coltivazioni tradizionali, che siano concretamente praticabili ed in grado di produrre reddito, occupazione e ricadute benefiche per l’ambiente. In diverse province d’Italia gli imprenditori associati a Confagricoltura si dicono pronti ad investire in progetti agroindustriali, se si creeranno le condizioni normative e tecniche. [i]«Sugli aspetti della bioenergia, però –[/i] ha detto Vecchioni - [i]notiamo un distacco preoccupante tra le dichiarazioni di principio, tutte concordi nell’attribuire a questo argomento un alto grado di priorità e la povertà delle azioni messe in campo. Dal nostro punto di vista, un progetto industriale si giustifica nella misura in cui crea occupazione ed effetti sulle coltivazioni del territorio in cui si va a collocare. per questo anche i prezzi proposti per l’acquisto delle materie prime agroenergetiche, e le tipologie di produzione richieste, dovranno essere valutati in funzione del grado di interesse che rivestono per i produttori».[/i] A tirare le conclusioni, dopo l’incisivo intervento di Vecchioni, è stato il ministro per le Politiche agricole Paolo De Castro che, a chiusura dei lavori del convegno ha sostenuto che le bioenergie sono una nuova opportunità per l'agricoltura. [i]«Il tema delle bioenergie, che comprende biomasse, biodiesel e bioetanolo - [/i]ha spiegato De Castro - [i]è stato considerato anche in finanziaria, con norme importanti che cercano di defiscalizzare la quota assicurata per i contratti di fliera. Bisogna poi puntare sulla realizzazione di impianti di microcogenerazione, semplici da realizzare anche sul territorio e che hanno una remunerazione per gli agricoltori. In Germania sul tema delle agroenergie sono più avanti di noi - ha detto ancora il ministro - in Italia dobbiamo sforzarci per far si' che queste creino nuove opportunità per tutto il settore dell'agricoltura». [/i] [/jst]

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